Israele genocida? La guerra di parole che anche il papa vuole combattere

A giu­di­zio di Edith Bruck, la scrit­tri­ce ebrea soprav­vis­su­ta alla Shoah che due anni fa ebbe la sor­pre­sa di una visi­ta a casa sua di papa Francesco, il papa “non ha il con­trol­lo di quel­lo che dice”. In par­ti­co­la­re di una paro­la: “geno­ci­dio”.

Bruck si rife­ri­va a quan­to det­to da Francesco in un suo enne­si­mo libro anti­ci­pa­to il 17 novem­bre in Italia da “La Stampa” e in Spagna da “El País”: “Penso a chi lascia Gaza nel pie­no del­la care­stia che ha col­pi­to i fra­tel­li pale­sti­ne­si a fron­te del­la dif­fi­col­tà di far arri­va­re cibo e aiu­ti nel loro ter­ri­to­rio. A det­ta di alcu­ni esper­ti, ciò che sta acca­den­do a Gaza ha le carat­te­ri­sti­che di un geno­ci­dio. Bisognerebbe inda­ga­re con atten­zio­ne per deter­mi­na­re se s’in­qua­dra nel­la defi­ni­zio­ne tec­ni­ca for­mu­la­ta da giu­ri­sti e orga­ni­smi inter­na­zio­na­li”.

Ma che al papa la paro­la “geno­ci­dio” sia sfug­gi­ta per sba­glio è con­trad­det­to dai fat­ti. Un anno fa, il 22 novem­bre 2023, incon­trò in Vaticano alcu­ni paren­ti di pale­sti­ne­si dete­nu­ti nel­le pri­gio­ni israe­lia­ne e già allo­ra, a det­ta di tut­ti i pre­sen­ti, defi­nì “un geno­ci­dio” l’attacco a Gaza in cor­so da poche set­ti­ma­ne. E un’ora dopo, nel­la pub­bli­ca udien­za gene­ra­le del mer­co­le­dì, aggiun­se di suo, abban­do­nan­do il testo scrit­to, che “que­sto non è guer­reg­gia­re, que­sto è ter­ro­ri­smo”.

In segre­te­ria di Stato cer­ca­ro­no di cor­re­re ai ripa­ri. “È irrea­li­sti­co che il papa abbia par­la­to di geno­ci­dio”, dis­se il car­di­na­le Pietro Parolin. Ma il 10 mag­gio di quest’anno i diplo­ma­ti­ci vati­ca­ni si tro­va­ro­no di nuo­vo in affan­no quan­do in piaz­za San Pietro, duran­te un incon­tro mon­dia­le sull’enciclica “Fratelli tut­ti”, la yeme­ni­ta Tawakkol Karman, Nobel per la pace nel 2011, tor­nò ad accu­sa­re Israele di “puli­zia etni­ca e geno­ci­dio”. Questa vol­ta dal Vaticano non ven­ne nes­su­na cor­re­zio­ne.

E nem­me­no è venu­ta oggi dopo quest’altra sor­ti­ta di Francesco che, come le pre­ce­den­ti, è arri­va­ta a sor­pre­sa, a tota­le insa­pu­ta del­la segre­te­ria di Stato. Il car­di­na­le Parolin si è limi­ta­to a com­men­ta­re che “biso­gna sem­pre stu­dia­re que­ste cose, per­ché ci sono dei cri­te­ri tec­ni­ci per defi­ni­re il con­cet­to di geno­ci­dio. Il papa ha det­to quel­lo che noi abbia­mo sem­pre riba­di­to”.

Mentre, vice­ver­sa, c’è chi ha let­to mol­to di più nel­le paro­le del papa, come l’arcivescovo e teo­lo­go Bruno Forte, già a lui vici­nis­si­mo nei pri­mi anni di que­sto pon­ti­fi­ca­to, che in un’intervista al “Corriere del­la Sera” ha det­to che è giu­sto “appli­ca­re la defi­ni­zio­ne di geno­ci­dio a ciò che sta facen­do il gover­no israe­lia­no a Gaza”, se ci si attie­ne a come lo defi­ni­ro­no le Nazioni Unite nel 1948: “l’intenzione di distrug­ge­re in tut­to o in par­te un grup­po nazio­na­le etni­co, raz­zia­le o reli­gio­so in quan­to tale”.

Insomma, più che un inci­den­te ver­ba­le quel­la di Francesco è sta­ta una scel­ta deli­be­ra­ta, con la volon­tà di entra­re da pro­ta­go­ni­sta non neu­tra­le in una dispu­ta che ulti­ma­men­te si è fat­ta sem­pre più acce­sa, sia tra i cat­to­li­ci che tra gli ebrei, su quan­to e come Israele pec­chi non solo di geno­ci­dio, ma anche di puli­zia etni­ca, di “apar­theid”, di colo­nia­li­smo oppres­so­re, di cri­mi­ni con­tro l’umanità.

In cam­po ebrai­co si può cita­re Anna Foa, sto­ri­ca di valo­re, il cui ulti­mo libro ha per tito­lo “Il sui­ci­dio di Israele” e le è val­so un’ampia inter­vi­sta su “L’Osservatore Romano” del 13 novem­bre.

Interpellata dopo la sor­ti­ta del papa sul geno­ci­dio, ha det­to a “La Stampa” che Jorge Mario Bergoglio ha espres­so “un dub­bio legit­ti­mo” e che “sep­pu­re non si trat­tas­se di geno­ci­dio, quel­le deci­ne di miglia­ia di vit­ti­me pale­sti­ne­si a Gaza sono di cer­to un cri­mi­ne con­tro l’umanità”.

Mentre a pro­po­si­to dell’”apartheid”, nell’intervista a “L’Osservatore Romano” ha spe­ci­fi­ca­to che esso non può esse­re impu­ta­to allo Stato d’Israele, nono­stan­te le limi­ta­zio­ni impo­ste “ai cit­ta­di­ni non ebrei”, ma “se inve­ce vai nel­la West Bank tro­vi un regi­me che si avvi­ci­na mol­to all’’apartheid’”, con i colo­ni che spa­dro­neg­gia­no.

Va nota­to che entro i con­fi­ni d’Israele vivo­no due milio­ni di cit­ta­di­ni ara­bi pale­sti­ne­si, con loro espo­nen­ti nel par­la­men­to, nei gover­ni, nel­la cor­te supre­ma e alla testa del­la pri­ma ban­ca del pae­se, con ruo­li di rilie­vo negli ospe­da­li e nel­le uni­ver­si­tà, oltre che con­vi­ven­ti paci­fi­ca­men­te in gran nume­ro in cit­tà come Haifa, Giaffa, Gerusalemme. Nessuno di loro mostra la volon­tà di emi­gra­re in cer­ca di liber­tà nei pae­si ara­bi vici­ni. E la dichia­ra­zio­ne di indi­pen­den­za di Israele del 1948 ine­qui­vo­ca­bil­men­te affer­ma la pari­tà di tut­ti i cit­ta­di­ni sen­za distin­zio­ni, una pari­tà che non può esse­re intac­ca­ta nem­me­no dal­la cri­ti­ca­tis­si­ma leg­ge appro­va­ta nel 2018 sul­la natu­ra ebrai­ca del­lo Stato.

Quanto alla “per­ce­zio­ne di un Israele colo­nia­li­sta”, Anna Foa ha det­to al gior­na­le vati­ca­no che “nel­la sto­ria rea­le ele­men­ti di ini­zia­ti­va colo­nia­li­sta non sono man­ca­ti, a comin­cia­re dal­la pri­ma guer­ra del 1948, ‘guer­ra di libe­ra­zio­ne’ per gli ebrei e ‘nab­ka’, disa­stro, per gli ara­bi. E non­di­me­no nel 1967 con la colo­niz­za­zio­ne del­la Cisgiordania e di Gaza”.

Facendo un pas­so indie­tro, lo scor­so 7 mag­gio anche un gran­de cono­sci­to­re e ami­co dell’ebraismo come il gesui­ta nato ebreo David Neuhaus ave­va scrit­to su “L’Osservatore Romano”, in un arti­co­lo dal tito­lo “Antisemitismo e Palestina”, che il nascen­te sio­ni­smo poli­ti­co, nel seco­lo XIX, “cer­cò di caval­ca­re l’onda del colo­nia­li­smo euro­peo”. E ciò pro­vo­cò le cri­ti­che dell’allora amba­scia­to­re d’Israele pres­so la Santa Sede, Raphael Schutz, in una let­te­ra che il quo­ti­dia­no vati­ca­no rifiu­tò di pub­bli­ca­re dopo aver­la ini­zial­men­te mes­sa in pagi­na, e che lo stes­so Schutz pas­sò poi ad alcu­ni orga­ni di stam­pa.

Nella let­te­ra, Schutz obiet­ta­va che “il colo­nia­li­smo è tale quan­do un impe­ro occu­pa un ter­ri­to­rio lon­ta­no per sfrut­tar­ne le risor­se, men­tre inve­ce il sio­ni­smo riguar­da­va una mino­ran­za per­se­gui­ta­ta che sen­ti­va l’ur­gen­te biso­gno di ave­re un luo­go sot­to il sole in cui poter esse­re libe­ra, indi­pen­den­te e pro­tet­ta dal­la per­se­cu­zio­ne”.

Tornando alle rea­zio­ni alla sor­ti­ta del papa sul geno­ci­dio, un’altra voce a suo soste­gno è sta­ta quel­la di Marco Tarquinio, per quat­tor­di­ci anni diret­to­re del quo­ti­dia­no del­la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ita­lia­na “Avvenire” ed elet­to quest’anno par­la­men­ta­re euro­peo nel­le file del Partito Democratico. “Il papa ha usa­to una for­mu­la pru­den­te”, ha det­to al quo­ti­dia­no “il Foglio”. “Non ho ele­men­ti per dire che la guer­ra a Gaza sia un geno­ci­dio ma di cer­to si con­fi­gu­ra come una puli­zia etni­ca”.

Molto cri­ti­ca, inve­ce, è sta­ta l’Assemblea dei Rabbini d’Italia, per i qua­li “le paro­le del papa sono appa­ren­te­men­te pru­den­ti, ma rischia­no di esse­re mol­to peri­co­lo­se. La paro­la ‘geno­ci­dio’ è diven­ta­ta lo slo­gan di tut­te le mani­fe­sta­zio­ni anti israe­lia­ne che sfo­cia­no spes­so nell’antisionismo e nell’antisemitismo. […] L’invocazione alla pace ci acco­mu­na, ma il modo peg­gio­re di per­se­guir­la è con­si­de­ra­re le col­pe uni­la­te­ral­men­te e tra­sfor­ma­re gli aggre­di­ti in aggres­so­ri o addi­rit­tu­ra in ven­di­ca­to­ri san­gui­na­ri”.

A sua vol­ta il rab­bi­no capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha det­to in un’intervista al “Corriere del­la Sera” di rav­vi­sa­re una “esca­la­tion”, un cre­scen­do nel­le cri­ti­che del papa a Israele, dal 7 otto­bre in poi, e “il rife­ri­men­to al geno­ci­dio è un nuo­vo gra­di­no” che arri­va addi­rit­tu­ra a “capo­vol­ge­re i ruo­li”, per­ché in real­tà “la volon­tà geno­ci­da­ria è di chi il 7 otto­bre ha attac­ca­to Israele”, come anche dell’Iran “con il suo pro­get­to di distru­zio­ne tota­le – ripe­to: tota­le – di Israele”.

A giu­di­zio del rab­bi­no Di Segni è in atto “una regres­sio­ne” nel dia­lo­go tra mon­do cat­to­li­co e mon­do ebrai­co. Una regres­sio­ne che è “gra­ve” fino alla “para­li­si” anche per il gran­de demo­gra­fo israe­lia­no Sergio Della Pergola, pro­fes­so­re eme­ri­to all’Università Ebraica di Gerusalemme, di cui Settimo Cielo ha pub­bli­ca­to recen­te­men­te una sin­te­si del­le sue ricer­che su “esse­re ebrei oggi”.

Intervistato da “La Stampa” Della Pergola ha det­to: “Il papa non espri­me un dub­bio ma pren­de posi­zio­ne, orien­tan­do, più o meno espli­ci­ta­men­te, l’opinione pub­bli­ca. Potrebbe aggiun­ge­re, alme­no, che va inda­ga­to anche il pro­get­to geno­ci­da­rio del 7 otto­bre, di cui esi­sto­no i pia­ni scrit­ti. Invece no. È tri­ste. Colgo in que­sto dibat­ti­to omis­sio­ni gra­vis­si­me e una visio­ne uni­la­te­ra­le che dimen­ti­ca come Hamas e Hezbollah non sia­no bana­li par­ti­ti ben­sì for­ze reli­gio­se deter­mi­na­te a instau­ra­re il calif­fa­to e non la Palestina”.

Per Della Pergola la sor­ti­ta del papa sul geno­ci­dio è un altro col­po di quel­la “guer­ra del­la comu­ni­ca­zio­ne” che “Israele sta per­den­do”. La mag­gio­ran­za degli israe­lia­ni, dice, “non sostie­ne i colo­ni e fa i con­ti con una coa­li­zio­ne di gover­no irre­spon­sa­bi­le”, ma di fat­to “l’ostilità dell’opinione pub­bli­ca occi­den­ta­le aiu­ta pro­prio gli estre­mi­sti e pun­tel­la il gover­no dei colo­ni”.

In più, Della Pergola fa un cen­no pole­mi­co a “chi, nel­la Chiesa, ha chie­sto alla dia­spo­ra ebrai­ca di stac­car­si da Israele, rispol­ve­ran­do tesi da teo­lo­gia pre­con­ci­lia­re”.

L’allusione è alla let­te­ra “al popo­lo ebrai­co del­la dia­spo­ra” scrit­ta da Raniero La Valle, 93 anni, intel­let­tua­le di spic­co del cat­to­li­ce­si­mo pro­gres­si­sta, dif­fu­sa lo scor­so otto­bre e fir­ma­ta, tra gli altri, da due vesco­vi, Raffaele Nogaro e il pre­si­den­te di “Pax Christi” Giovanni Ricchiuti, dal paci­fi­sta Enrico Peyretti, dal pre­si­den­te di “Pro Civitate Christiana” Tonio Dell’Olio, dal diret­to­re di “Missione Oggi” Mario Menin.

Anche Anna Foa – che La Valle nel­la let­te­ra defi­ni­sce “ebrea auto­re­vo­le” citan­do il suo libro “Il sui­ci­dio di Israele” – nell’intervista a “L’Osservatore Romano” ave­va cri­ti­ca­to “la dia­spo­ra euro­pea e quel­la ita­lia­na in par­ti­co­la­re”, che “pre­fe­ri­sce tace­re e soste­ne­re Israele nel bene e nel male; insi­ste sul peri­co­lo che cor­re Israele, e non su tut­to il resto, cioè su una guer­ra assur­da”.

Ma La Valle va oltre. Per lui “le attua­li con­dot­te del­lo Stato di Israele sono in odo­re di geno­ci­dio”. Cita le paro­le di Gesù alla Samaritana nel Vangelo di Giovanni: “La sal­vez­za vie­ne dai Giudei”, ma per subi­to aggiun­ge­re che “la nostra espe­rien­za attua­le e la tra­ge­dia di Gaza insi­nua­no che ne ven­ga inve­ce la per­di­zio­ne e la fine”.

Alla let­te­ra di La Valle ha rea­gi­to il 4 novem­bre su “Pagine Ebraiche / Moked”, il por­ta­le dell’ebraismo ita­lia­no, il pro­fes­sor Della Pergola. Il qua­le ha rite­nu­to istrut­ti­vo cita­re un pre­ce­den­te com­men­to di La Valle al mas­sa­cro del 7 otto­bre:

“L’11 otto­bre, quan­do le trup­pe di Israele anco­ra non era­no entra­te a Gaza, La Valle pub­bli­ca­va un inter­ven­to che con­clu­de­va con que­ste paro­le: ‘Non pos­so­no pian­ge­re quan­ti [in Israele] han­no con­cor­so alla scia­gu­ra di oggi, facen­do pro­pria e pro­mul­gan­do sen­za remo­re l’ideologia del­la vit­to­ria, incu­ran­te del­la giu­sti­zia e tri­bu­ta­ria solo del­la for­za’. Belle paro­le di cari­tà cri­stia­na di fron­te alle don­ne stu­pra­te e squar­ta­te, agli infan­ti con le dita moz­za­te, alle fami­glie bru­cia­te vive nel­le auto­vet­tu­re e nel­le abi­ta­zio­ni irro­ra­te di raf­fi­che di mitra­glia­tri­ce, e ai 250 depor­ta­ti nei tun­nel sot­ter­ra­nei di Gaza. La ritor­sio­ne di Israele in quel momen­to non era nem­me­no ini­zia­ta”.

Quando inve­ce, insi­ste Della Pergola, “la com­po­nen­te geno­ci­da dell’ideologia fon­da­men­ta­li­sta isla­mi­ca è com­ple­ta­men­te igno­ra­ta. Voglia La Valle rileg­ger­si il bel testo del­la costi­tu­zio­ne di Hamas con l’articolo che richia­ma il buon musul­ma­no a ‘ucci­de­re l’ebreo che si nascon­de die­tro ogni pie­tra e ogni albe­ro’”.

E il papa? Il 20 novem­bre ha dato udien­za in Vaticano a una rap­pre­sen­tan­za del “Centro per il dia­lo­go inter­re­li­gio­so e inter­cul­tu­ra­le” di Teheran e ha det­to loro che la pros­si­ma nomi­na a car­di­na­le dell’arcivescovo del­la capi­ta­le dell’Iran “è un’onorificenza per l’intero pae­se”. Nel qua­le “la Chiesa non è con­tro il gover­no, no, que­ste sono bugie!”.

Non una paro­la sull’oppres­sio­ne di cui sono vit­ti­ma i cri­stia­ni in Iran. Né tan­to meno sul dichia­ra­to obiet­ti­vo del gover­no di Teheran di annien­ta­re la nazio­ne ebrai­ca. Ma papa Francesco è fat­to così. Le sue paro­le e i suoi silen­zi non sfug­go­no al suo con­trol­lo. Svelano chi egli è e che cosa vuo­le.

Intanto, a incen­dia­re ancor più la dispu­ta, il 21 novem­bre la Corte pena­le inter­na­zio­na­le dell’Aia ha emes­so man­da­ti di arre­sto per cri­mi­ni di guer­ra e con­tro l’umanità per il pre­mier israe­lia­no Benyamin Netanyahu e l’ex mini­stro del­la dife­sa Yoav Gallant, oltre che per tre capi di Hamas che però sareb­be­ro già cadu­ti in com­bat­ti­men­to.

Motivo dell’accusa: “La Corte ha rite­nu­to che vi sia­no fon­da­ti moti­vi per rite­ne­re che entram­bi gli indi­vi­dui abbia­no inten­zio­nal­men­te e con­sa­pe­vol­men­te pri­va­to la popo­la­zio­ne civi­le di Gaza di beni indi­spen­sa­bi­li alla loro soprav­vi­ven­za, tra cui cibo, acqua, medi­ci­ne e for­ni­tu­re medi­che”.

Cioè pro­prio quel­la “care­stia” a cui si è rife­ri­to papa Francesco nell’evocare il geno­ci­dio.

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POST SCRIPTUM – Il 25 novem­bre, nel discor­so com­me­mo­ra­ti­vo del trat­ta­to tra Argentina e Cile del 1984 media­to dal­la Santa Sede, papa Francesco ha mes­so a segno un’altra stoc­ca­ta con­tro Israele, equi­pa­ran­do­lo alla Russia come pae­se inva­so­re:

“Menziono due fal­li­men­ti dell’umanità di oggi: Ucraina e Palestina, dove si sof­fre, dove la pre­po­ten­za dell’invasore pre­va­le sul dia­lo­go”.

Va nota­to che que­sto pas­sag­gio del discor­so, rivol­to anche al cor­po diplo­ma­ti­co accre­di­ta­to pres­so la Santa Sede, cor­ri­spon­de al testo uffi­cia­le distri­bui­to ai pre­sen­ti, appro­va­to dal­la segre­te­ria di Stato vati­ca­na.

Quanto alla dispu­ta sul geno­ci­dio, è inter­ve­nu­ta con auto­re­vo­lez­za sul “Corriere del­la Sera” del 29 novem­bre Liliana Segre, 94 anni, ebrea, depor­ta­ta ad Auschwitz quan­do ave­va 13 anni, sena­tri­ce a vita dal 2003, con que­sta tesi così rias­sun­ta nel­la tito­la­zio­ne: “A Gaza non ricor­ro­no i carat­te­ri tipi­ci del geno­ci­dio, men­tre sono evi­den­ti cri­mi­ni di guer­ra e con­tro l’u­ma­ni­tà, com­mes­si sia da Hamas e dal­la Jihad, sia dal­l’e­ser­ci­to israe­lia­no”.

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Sandro Magister è sta­to fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
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