Il Natale di Gesù e quello dei bambini ucraini deportati in Russia

A Natale i cristiani festeggiano il bambino Gesù. Ma chissà dove e con chi lo festeggiano le migliaia di bambini ucraini deportati in Russia.

Il loro ritorno in famiglia e in patria è la grande opera incompiuta della Chiesa, nell’anno del Signore 2023.

Lo scorso 29 giugno, in visita a Mosca come inviato del papa, il cardinale Matteo Zuppi incontrò tra gli altri Maria Lvova-Belova, commissario presso il presidente della Federazione Russa per i diritti dell’infanzia, “con la quale – riferì L’Osservatore Romano‘ – ci si è soffermati sugli oltre 19 mila minori ucraini deportati in Russia” ed “è stato fortemente sottolineato l’aspetto umanitario » dell’iniziativa di operare congiuntamente in loro aiuto.

Nell’omelia della messa celebrata a Mosca, Zuppi rivolse un pensiero proprio “ai bambini, ai piccoli, ai vulnerabili, alle vittime innocenti di una violenza ingiusta, tanto più grande di loro, inaccettabile ancora di più perché coinvolge chi non può difendersi. Il loro dolore, spesso nascosto nelle ferite profonde del cuore, chiede l’impegno di tutti perché trovino consolazione e protezione”.

Ma a distanza di molti mesi il cardinale ha dovuto riconoscere, rispondendo il 19 novembre in tv con parole esitanti e imbarazzate alle incalzanti domande dei giornalisti, che poco o nulla si è fin qui ottenuto, che in Ucraina sono tornati solo “alcuni bambini” e che già “il ritrovarli” è un problema irrisolto.

Altrettanto ha detto il 13 novembre l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk: “Sui bambini ucraini deportati dai russi purtroppo finora non siamo riusciti a ottenere alcun risultato”.

E sempre negli stessi giorni, il 18 novembre, Ganna Yudkivska, giudice della corte europea dei diritti dell’uomo dal 2010 al 2022 e oggi vicepresidente del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, ha confermato in “quasi 20 mila” il numero dei bambini ucraini deportati in Russia, dei quali “solo 386 rimpatriati”.

Questi 386 però non sono rientrati in Ucraina grazie all’operato di Zuppi e dei suoi referenti russi, ma per altre vie.

Su quello che si è fin qui ottenuto ad opera anche del cardinale, le uniche notizie sono state diramate da parte russa l’11 dicembre, in un rapporto del commissario per i diritti dell’infanzia Lvova-Belova diffuso dall’agenzia TASS.

Con risultati vicini allo zero.

Dopo aver premesso che “il 29 giugno è stato raggiunto un accordo sullo scambio di informazioni sui bambini con i quali i parenti desiderano ricongiungersi” e che è stato il cardinale Zuppi a consegnare al commissario la lista dei bambini predisposta dall’Ucraina, il comunicato descrive così il lavoro fatto:

“L’esame di ciascun caso è un algoritmo sequenziale di azioni, compresa l’interazione diretta con i parenti dei bambini, la raccolta e l’analisi delle informazioni disponibili sul caso, nonché l’invio di richieste agli organi autorizzati per ottenere informazioni sul possibile luogo di soggiorno dei minori. Se necessario, vengono organizzate visite ai bambini e vengono chiarite le questioni legali. Finora è stato possibile chiarire una serie di casi”.

Ebbene, stando al comunicato, tutto quello che fin qui si è ottenuto riguarda un solo caso di “ricongiungimento con i parenti”: quello “dell’adolescente Bogdan Ermokhin, trovato abbandonato a Mariupol nel 2022 e trasferito con il suo consenso alla tutela di una famiglia russa. Successivamente, rappresentanti della nunziatura apostolica erano presenti all’aeroporto di Mosca quando Bogdan è partito per incontrare il cugino a Minsk”, in Bielorussia.

E poi viene riferito il caso, tuttora però in sospeso, di “tre bambini arrivati in Russia con la madre nel 2022”:

“A causa della difficile situazione di vita in famiglia, i tre bambini sono stati collocati in un centro sociale di assistenza per minori. Le informazioni fornite dal cardinale Zuppi hanno permesso di ritrovare rapidamente i bambini e di accertarne lo ‘status’. L’ulteriore sviluppo della situazione dipenderà dalle circostanze della vita e dalla decisione della madre dei bambini”.

Inoltre, il comunicato ha reso noto che, grazie alle informazioni fornite da Zuppi, “almeno otto minori precedentemente ricercati dai parenti non si trovano attualmente nella Federazione Russa, ma vivono con i loro genitori e parenti in Ucraina o nei paesi dell’Unione europea”, e di conseguenza “la loro ricerca è stata interrotta”.

Nel comunicato, Lvova-Belova prende atto anche della collaborazione della nunziatura apostolica a Mosca, che “avviene regolarmente nella forma di un gruppo bilaterale stabilito”. E così conclude:

“Apprezziamo molto i risultati raggiunti nella prima fase dell’interazione e ringraziamo la Santa Sede, nonché l’inviato personale del papa, il cardinale Matteo Zuppi, e il nunzio apostolico presso la Federazione Russa, Giovanni d’Aniello, per la loro cooperazione produttiva. Spero che grazie agli sforzi reciproci il dialogo umanitario con la parte ucraina si svilupperà nell’interesse dei bambini e delle loro famiglie”.

Ma chi è Maria Lvova-Belova, 39 anni, nominata da Vladimir Putin commissario per l’infanzia nel 2021 e messa sotto sanzione nel 2022 da Stati Uniti, Australia, Canada, Regno Unito, Svizzera e Unione europea proprio per “trasferimento illegale di bambini ucraini in Russia”?

Ex insegnante di musica, cantava in un coro di chiesa quando incontrò e poi sposò un giovane specialista informatico di nome Pavel Kogelman, che nel 2019 è stato ordinato sacerdote nella Chiesa ortodossa russa che ha Kirill come patriarca. Hanno cinque figli e ne hanno adottati altri quattro. Ai quali nel 2022 ne hanno aggiunto un quinto, di nome Filip, che oggi ha 15 anni e che Lvova-Belova racconta di aver trovato abbandonato in uno scantinato a Mariupol, orfano dei genitori, dopo l’ingresso nella città ucraina delle truppe russe.

Lvova-Belova ha raccontato che Filip, nell’adattarsi alla nuova realtà, ha provato le stesse difficoltà di tanti altri bambini ucraini trasferiti in Russia “a loro tutela”.

“Quando li abbiamo portati nel territorio della regione di Mosca in modo che potessero riprendersi un po’, hanno cominciato a parlare negativamente del presidente [Putin], dicevano ogni sorta di cose brutte, cantavano l’inno dell’Ucraina. Ma è passato un po’ di tempo. Questi bambini sono finiti in famiglie affidatarie, tra cui la nostra, e ho visto con i miei occhi come è avvenuta la loro integrazione. Abbiamo iniziato a dire loro: visto che la Russia è così brutta, avrete l’opportunità di tornare. Ma nessuno di questi bambini ha voluto più tornare”.

Nella foto in alto, da lei postata su Telegram nel settembre del 2022, Maria Lvova-Belova atterra a Mosca da un aereo del ministero della difesa russo, con 125 bambini dalla Repubblica Popolare di Doneck, nell’Ucraina occupata.

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Sandro Magister è firma storica del settimanale L’Espresso.
Questo è l’attuale indirizzo del suo blog Settimo Cielo, con gli ultimi articoli in lingua italiana: settimocielo.be
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