Iraq, moderna Babilonia. Che perseguita i cristiani ed esilia il patriarca, nel silenzio di Roma

“Abbiamo chie­sto che si fac­cia un Sinodo spe­cia­le per le Chiese orien­ta­li cat­to­li­che. Tutte si tro­va­no oggi a vive­re in con­te­sti di guer­ra: l’Ucraina, il Libano, l’Armenia, la Siria, l’Iraq, l’Eritrea, la Terra Santa”.

È sta­to l’arcivescovo mag­gio­re del­la Chiesa greco-cattolica ucrai­na, Sviatoslav Shevchuk, a rive­la­re che è sta­ta inol­tra­ta que­sta richie­sta al papa. Con mil­le ragio­ni. Nel Medio Oriente le Chiese sono qua­si ovun­que sot­to attac­co e i cri­stia­ni vici­ni a spa­ri­re, come è già acca­du­to per gli ebrei nei pae­si ara­bi.

E uno dei luo­ghi dove sono più in peri­co­lo è l’Iraq. Nel 1915 un geno­ci­dio paral­le­lo a quel­lo degli arme­ni ster­mi­nò 800 mila cri­stia­ni. Ma nel 2003, pri­ma del­la secon­da guer­ra del Golfo, di cri­stia­ni se ne con­ta­va­no anco­ra un milio­ne e mez­zo, mol­ti dei qua­li a Baghdad. Oggi ne sono rima­sti 150 mila.

Quando papa Francesco si è reca­to in Iraq, nel mar­zo del 2021, era anco­ra visi­bi­le la deva­sta­zio­ne che lo Stato Islamico ave­va fat­to pochi anni pri­ma nel­la Piana di Ninive, sto­ri­co luo­go d’insediamento dei cri­stia­ni.

Ma anco­ra oggi c’è chi nel­la Piana di Ninive impe­di­sce ai cri­stia­ni di tor­na­re ad abi­ta­re le loro case e a col­ti­va­re i loro cam­pi. E a frap­por­si sono i sedi­cen­ti cri­stia­ni di una bri­ga­ta arma­ta di nome Babilonia, fat­ta anche di mili­zie estre­mi­ste scii­te obbe­dien­ti all’Iran, capi­ta­na­ta da Rayan Al-Kildani, cal­deo come il patriar­ca­to cat­to­li­co a cui dice di appar­te­ne­re.

Un’esile indi­zio del dram­ma che vivo­no oggi i cri­stia­ni in Iraq è in un paio di righe del comu­ni­ca­to uffi­cia­le con cui la Santa Sede ha dato con­to dell’udienza accor­da­ta il 18 novem­bre da papa Francesco al pre­si­den­te ira­che­no Abdul Latif Jamal Rashid, là dove si leg­ge che “si è riba­di­ta la neces­si­tà che si garan­ti­sca a tut­ti i cri­stia­ni ira­che­ni di esse­re par­te vibran­te e atti­va del­la socie­tà e del ter­ri­to­rio, in par­ti­co­la­re nel­la Piana di Ninive”.

Ma que­sta è una sto­ria che è tut­ta da rac­con­ta­re, pre­ci­pi­ta­ta in que­sti ulti­mi mesi e anco­ra lon­ta­na dal tro­va­re una solu­zio­ne, con vit­ti­ma più illu­stre pro­prio il patriar­ca del­la Chiesa cat­to­li­ca cal­dea, il car­di­na­le Louis Raphaël I Sako. Una sto­ria su cui il silen­zio del papa è sta­to fin qui tom­ba­le. Con in più un suo pas­so fal­so di note­vo­le gra­vi­tà.

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Il pas­so fal­so è nel­la foto sopra ripro­dot­ta. Ritrae il papa che, al ter­mi­ne dell’udienza gene­ra­le di mer­co­le­dì 6 set­tem­bre in piaz­za San Pietro, si acco­sta sor­ri­den­te a un uomo bar­bu­to che gli offre in dono un dipin­to “di arte del­la Mesopotamia”, rice­ven­do in cam­bio un rosa­rio bene­det­to.

E chi è colui che ha avu­to il non faci­le lascia­pas­sa­re al “bacia­ma­no” papa­le? Rayan Al-Kildani in per­so­na, il capo del­la Brigata Babilonia che è anche sul­la lista dei più effe­ra­ti delin­quen­ti mes­si al ban­do dagli Stati Uniti e dal Canada. È sta­to lui stes­so a dif­fon­de­re la foto e ad accom­pa­gnar­la da un fie­ro reso­con­to del suo incon­tro con Francesco, qua­si da rap­pre­sen­tan­te dei cri­stia­ni d’Iraq al posto del­lo stes­so patriar­ca del­la Chiesa cal­dea, del qua­le il papa – ha mil­lan­ta­to – “avreb­be già accet­ta­to le dimis­sio­ni”. E c’è volu­ta una set­ti­ma­na pri­ma che la sala stam­pa vati­ca­na, in un imba­raz­za­to comu­ni­ca­to, pro­vas­se a ridur­re il tut­to a “un bre­ve salu­to occa­sio­na­le, come avvie­ne di con­sue­to con alcu­ne per­so­ne pre­sen­ti all’udienza”.

Fonti ano­ni­me vati­ca­ne han­no poi det­to che per orga­niz­za­re l’incontro non si sono per­cor­si i cana­li diplo­ma­ti­ci, né si è pas­sa­ti per la segre­te­ria di Stato, ma Rayan e i suoi si sareb­be­ro rivol­ti diret­ta­men­te alla pre­fet­tu­ra del­la casa pon­ti­fi­cia, che si occu­pa del­le udien­ze pub­bli­che del papa, in que­sto caso sen­za la dovu­ta vigi­lan­za.

Di cer­to si sa – per­ché lui stes­so l’ha rive­la­to in un’accorata inter­vi­sta del 19 set­tem­bre ad “Asia News” – che il car­di­na­le Sako ha scrit­to una let­te­ra di pro­te­sta a Francesco dopo la visi­ta di Rayan in Vaticano, ma “il papa non ha rispo­sto”. E que­sto silen­zio “è inam­mis­si­bi­le”, ha com­men­ta­to il car­di­na­le. “Sono delu­so dal­la posi­zio­ne del­la Santa Sede, che in tut­ti que­sti mesi non è mai inter­ve­nu­ta”.

Sì, per­ché ai pri­mi di luglio sul patriar­ca del­la Chiesa cal­dea si era abbat­tu­ta una maz­za­ta mici­dia­le. Il pre­si­den­te dell’Iraq, il musul­ma­no Rashid, lo stes­so che il papa ha rice­vu­to in udien­za lo scor­so 18 novem­bre, ha revo­ca­to il decre­to ema­na­to die­ci anni pri­ma dal suo pre­de­ces­so­re Jalal Talabani che rico­no­sce­va la nomi­na pon­ti­fi­cia del car­di­na­le Sako a capo del­la Chiesa cal­dea “in Iraq e nel mon­do” e di con­se­guen­za a “respon­sa­bi­le dei beni del­la Chiesa”.

Ed era quest’ultimo il nodo del­la que­stio­ne. La revo­ca del decre­to ha esau­to­ra­to il patriar­ca dal pos­ses­so e dall’amministrazione dei beni del­la sua Chiesa, case e ter­re­ni che era­no da tem­po nel miri­no di Rayan Al-Kildani e del­la sua Brigata Babilonia, che tra l’altro occu­pa in par­la­men­to quat­tro su cin­que dei seg­gi asse­gna­ti ai cri­stia­ni.

Da qui la deci­sio­ne di Sako – comu­ni­ca­ta anche con una let­te­ra aper­ta al papa – di lascia­re Baghdad e di tra­sfe­rir­si in volon­ta­rio esi­lio a Erbil, nel Kurdistan ira­che­no, col solo con­for­to dei capi del­le altre Chiese cri­stia­ne pre­sen­ti in Iraq e del gran­de aya­tol­lah Al-Sistani, emi­nen­te figu­ra dell’islam scii­ta e avver­sa­rio irri­du­ci­bi­le dell’islamismo teo­cra­ti­co ira­nia­no, ma pro­prio per que­sto a mar­gi­ne del­la poli­ti­ca ira­che­na, in lar­ga misu­ra pilo­ta­ta da Teheran.

Contro la revo­ca del decre­to il car­di­na­le Sako ha fat­to ricor­so pres­so la cor­te supre­ma, col soste­gno di avvo­ca­ti anche musul­ma­ni, ma a ferir­lo nel pro­fon­do è sta­to il silen­zio di Roma, spe­cie dopo l’incontro del capo del­la Brigata Babilonia col papa. Ha det­to nell’intervista ad “Asia News” del 19 set­tem­bre:

“Sono delu­so dal­la posi­zio­ne del­la Santa Sede, che non è inter­ve­nu­ta per scon­fes­sa­re l’operato del pre­si­den­te del­la Repubblica, per respin­ge­re gli attac­chi con­tro la per­so­na del patriar­ca, per pren­de­re le distan­ze da chi si defi­ni­sce lea­der cri­stia­no ed ha incon­tra­to il papa in piaz­za San Pietro. […] La Santa Sede pote­va pren­de­re la paro­la, dire che la pro­pa­gan­da di que­sto signo­re non è vera, pote­va cer­ca­re di cal­ma­re la gen­te, i mol­tis­si­mi cri­stia­ni e musul­ma­ni in Iraq che stan­no sof­fren­do per que­sti nuo­vi attac­chi, per que­ste bugie che fan­no del male pri­ma di tut­to alla nostra comu­ni­tà. Il nun­zio apo­sto­li­co mi invi­ta a dia­lo­ga­re, a non umi­lia­re il pre­si­den­te, ma qui è il pre­si­den­te a umi­lia­re la Chiesa e il suo popo­lo”.

E anco­ra:

“Con caden­za qua­si set­ti­ma­na­le ormai ven­go­no pre­sen­ta­te denun­ce a mio cari­co nei tri­bu­na­li, e nei pros­si­mi gior­ni dovrò pre­sen­tar­mi in aula e non potrò par­te­ci­pa­re ai ‘Rencontres Méditerranéennes’ a Marsiglia [dove il papa si sareb­be reca­to il 22 set­tem­bre — ndr]. Ho scrit­to a papa Francesco dopo la visi­ta di Rayan in Vaticano, non ha anco­ra rispo­sto. Siamo una Chiesa per­se­gui­ta­ta, che lot­ta per soprav­vi­ve­re. Ma per far que­sto abbia­mo biso­gno anche di soste­gno, vici­nan­za, soli­da­rie­tà”.

Di Rayan Al-Kildani, il car­di­na­le Sako ha anche det­to che “ha ‘com­pra­to’ alcu­ni vesco­vi e pre­ti a Baghdad”, per assi­cu­rar­si una coper­tu­ra reli­gio­sa ai suoi cri­mi­ni.

In otto­bre Sako ha pre­so par­te al Sinodo, a Roma, dove ha potu­to incon­tra­re Francesco. E a fine otto­bre è pas­sa­to da Roma anche il pre­si­den­te ira­che­no Rashid, per par­te­ci­pa­re al World Food Forum ma anche col pro­po­si­to di otte­ne­re udien­za dal papa, che però ha decli­na­to la richie­sta.

L’udienza è sta­ta poi con­ces­sa, come det­to, il 18 novem­bre, con quel sibil­li­no rife­ri­men­to, nel comu­ni­ca­to fina­le, alla sor­te dei cri­stia­ni ira­che­ni “nel­la Piana di Ninive”.

Ma quat­tro gior­ni pri­ma, il 14 novem­bre, un altro col­po si era abbat­tu­to sul­la Chiesa cal­dea e il suo patriar­ca. La cor­te supre­ma dell’Iraq ha respin­to il ricor­so del car­di­na­le Sako con­tro la vali­di­tà del­la revo­ca del decre­to del 2013.

È dif­fi­ci­le pre­ve­de­re se e quan­do il patriar­ca “di Babilonia dei Caldei” potrà rien­tra­re a Baghdad. Per tro­va­re un pre­ce­den­te a que­sto esi­lio del patriar­ca dal­la cit­tà biso­gna risa­li­re al 1258, all’invasione dei mon­go­li.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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