Il voto del 5 novembre e la metamorfosi dei cattolici americani

Tra pochi gior­ni negli Stati Uniti si vota e l’esito è più che mai incer­to, al pun­to che per­si­no l’esuberante papa Francesco ha pre­fe­ri­to tace­re le sue sim­pa­tie e sta­re a vede­re che suc­ce­de. Interpellato da Anna Matranga di CBS News sull’aereo di ritor­no da Singapore a Roma, il 13 set­tem­bre, ha rin­via­to agli elet­to­ri il com­pi­to di “sce­glie­re il male mino­re” tra Donald Trump e Kamala Harris, ovve­ro tra chi “but­ta via i migran­ti” e chi “ucci­de i bam­bi­ni”.

Un dilem­ma anch’esso non faci­le né chia­ro, visto che anche Trump, sull’aborto, ha spo­sa­to le tesi “pro choi­ce”, lascian­do ai sin­go­li Stati la liber­tà di legi­fe­ra­re come voglio­no e agli elet­to­ri di “segui­re il pro­prio cuo­re”. Nel novem­bre del 2023 l’assemblea autun­na­le dei vesco­vi cat­to­li­ci a Baltimora era tor­na­ta a dichia­ra­re l’aborto la “prio­ri­tà pre­mi­nen­te” nell’orientare i fede­li al voto. Ma lo sto­ri­co con­nu­bio tra il movi­men­to pro-vita e il vec­chio par­ti­to repub­bli­ca­no era ormai alla fine e non si sa quan­to la scel­ta come suo vice del cat­to­li­co con­ver­ti­to J.D. Vance pos­sa con­vin­ce­re i cat­to­li­ci anti-aborto a vota­re per Trump, se non, appun­to, in chia­ve di “male mino­re” rispet­to alle più sfre­na­te poli­ti­che abor­ti­ste di Kamala Harris.

I son­dag­gi dan­no i cat­to­li­ci divi­si qua­si a metà, con una leg­ge­ra pre­va­len­za pro Trump. Ma la vera novi­tà di que­ste ele­zio­ni è che il fat­to­re reli­gio­so ha un peso mol­to mino­re rispet­to al pas­sa­to.

Nel cam­po demo­cra­ti­co si assi­ste a una vera a pro­pria fine d’epoca. Il riti­ro dal­la cor­sa del cat­to­li­co Joe Biden, volu­to soprat­tut­to dal­la pre­si­den­te del­la Camera Nancy Pelosi, anch’essa cat­to­li­ca, non lascia ere­di né soste­ni­to­ri. Con la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ame­ri­ca­na Biden era in attri­to da tem­po e le guer­re in Ucraina e Terra Santa ave­va­no ancor più raf­fred­da­to i rap­por­ti col papa. Tra chi lo soste­ne­va mol­ti era­no nati e cre­sciu­ti cat­to­li­ci, ma la Chiesa l’avevano già lascia­ta in gran nume­ro e la giu­sti­zia socia­le ave­va sosti­tui­to in loro sia la dot­tri­na che i sacra­men­ti.

Nel 1970 più del­la metà dei cat­to­li­ci ame­ri­ca­ni anda­va­no a mes­sa la dome­ni­ca. Ma oggi ci van­no solo il 17 per cen­to, stan­do a un’indagine del CARA, un cen­tro di ricer­ca affi­lia­to alla Georgetown University. E tra i nati negli anni Novanta appe­na il 9 per cen­to. Nello stes­so arco di tem­po, i bat­te­si­mi sono cala­ti da 1,2 milio­ni in un anno a poco più di 400 mila. E que­sto nono­stan­te nel frat­tem­po i cat­to­li­ci sia­no cre­sciu­ti fino a 70 milio­ni cir­ca, gra­zie soprat­tut­to all’immigrazione dal Sudamerica.

Gli Stati Uniti sono sta­ti a lun­go il pae­se più reli­gio­so dell’Occidente, col sen­ti­men­to dif­fu­so d’essere un “popo­lo elet­to” con una mis­sio­ne uni­ca affi­da­ta­gli da Dio. Ma que­sta loro ecce­zio­na­li­tà sta rapi­da­men­te scom­pa­ren­do, sia pure con rit­mi e moda­li­tà diver­se rispet­to a quel­le che han­no deser­ti­fi­ca­to l’Europa.

È un decli­no che acco­mu­na tut­te le con­fes­sio­ni cri­stia­ne. Le gran­di figu­re reli­gio­se con for­te influs­so in cam­po poli­ti­co, da Martin Luther King a Billy Graham, sono del tut­to spa­ri­te. In un decen­nio, secon­do le rile­va­zio­ni dell’Association of Statisticians of American Religious Bodies, i bat­ti­sti del­la Southern Baptist Convention sono cala­ti dell’11 per cen­to, gli epi­sco­pa­lia­ni e i meto­di­sti del 19 per cen­to cia­scu­no, i lute­ra­ni del 25, i pre­sbi­te­ria­ni del 40. Le uni­che a cre­sce­re sono sta­te le Chiese pro­te­stan­ti “non-denominational”, cioè indi­pen­den­ti, pic­co­le real­tà loca­li più atti­ve sui social che sul ter­ri­to­rio. Nel loro insie­me, oggi si dichia­ra­no cri­stia­ni il 64 per cen­to degli ame­ri­ca­ni, quan­do mez­zo seco­lo fa era­no oltre il 90 per cen­to. E sono per un ter­zo sopra i 65 anni, men­tre fra i tren­ten­ni uno su tre ha abban­do­na­to il cri­stia­ne­si­mo in cui è cre­sciu­to.

Tra i cat­to­li­ci anco­ra impe­gna­ti sul­la sce­na pub­bli­ca, a scom­pa­ri­re è soprat­tut­to la gene­ra­zio­ne del pro­gres­si­smo post­con­ci­lia­re, di chi si iden­ti­fi­ca­va nel­lo “spi­ri­to del Vaticano II”. Papa Francesco ha pro­va­to a tener­la in vita facen­do car­di­na­li dei vesco­vi che a suo giu­di­zio rap­pre­sen­ta­va­no tale gene­ra­zio­ne, da Blase Cupich a Robert W. McElroy, ma né costo­ro sono riu­sci­ti a rove­scia­re nel­la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le la mag­gio­ran­za con­ser­va­tri­ce, né tan­to meno a crea­re un movi­men­to di popo­lo al loro segui­to. Oltre tut­to, anche nel poco che resta del­le cor­ren­ti pro­gres­si­ste le guer­re in cor­so nel mon­do han­no intro­dot­to una divi­sio­ne tra chi sostie­ne anche mili­tar­men­te l’Ucraina e Israele e chi inve­ce spo­sa tesi radi­cal­men­te paci­fi­ste, fino al tota­le rifiu­to del­le armi.

Qualcosa si muo­ve, inve­ce, sul ver­san­te oppo­sto, quel­lo più con­ser­va­to­re e tra­di­zio­na­li­sta. Il gio­va­ne cle­ro è in lar­ga misu­ra di que­sto orien­ta­men­to, stan­do a un’indagine del­la Catholic University of America.

Ma c’è di più. Un osser­va­to­re tra i più atten­ti del­le varia­zio­ni in atto nel cat­to­li­ce­si­mo ame­ri­ca­no, Massimo Faggioli, pro­fes­so­re di teo­lo­gia alla Villanova University, in Pennsylvania, in un docu­men­ta­to arti­co­lo su “Il Regno”, richia­ma l’attenzione sul pro­li­fe­ra­re di “nuo­ve rivi­ste intel­let­tua­li, diret­te e scrit­te anche da gio­va­ni, per un pub­bli­co ampio, che arti­co­la­no cri­ti­che più o meno radi­ca­li e inte­gra­li­ste al libe­ra­li­smo poli­ti­co e mer­can­ti­li­sta con uno sguar­do atten­to alla pro­spet­ti­va reli­gio­sa: ‘The Lamp’, ‘Plough’, ‘UnHerd’, ‘Compact’”.

Non ci sono più sol­tan­to le testa­te clas­si­che del con­ser­va­to­ri­smo cat­to­li­co come “First Things” o “Crisis”. “Ci sono anche – nota Faggioli – nuo­ve ini­zia­ti­ve acca­de­mi­che che testi­mo­nia­no del­la capa­ci­tà di reclu­ta­men­to di gio­va­ni voca­zio­ni intel­let­tua­li, ma anche dell’imprenditorialità cul­tu­ra­le del­la destra cat­to­li­ca: ‘The New Ressourcement’ è una spe­cie di ver­sio­ne ame­ri­ca­na di ‘Communio’ che pro­met­te di ospi­ta­re una cer­ta varie­tà di voci del­lo spet­tro del­la teo­lo­gia cat­to­li­ca tra la destra e il cen­tro”.

“Communio”, va ricor­da­to, è la rivi­sta inter­na­zio­na­le fon­da­ta nel 1972 in alter­na­ti­va alla pro­gres­si­sta “Concilium” da teo­lo­gi del cali­bro di Ratzinger, von Balthasar, de Lubac, Kasper, Bouyer.

È nata inol­tre una pre­ge­vo­le rivi­sta di chia­ra impron­ta tomi­sta come “Lux Veritatis” ed è sta­to poten­zia­to, nel­la sua nuo­va sede di Saint Louis, l’Augustine Institute, la più fre­quen­ta­ta scuo­la di teo­lo­gia degli Stati Uniti. Così come han­no tro­va­to un nuo­vo atti­vi­smo le asso­cia­zio­ni tra i teo­lo­gi con­ser­va­to­ri, più a‑conciliari che anti-conciliari, volu­ta­men­te neu­tra­li nel maneg­gia­re i docu­men­ti del Vaticano II.

Ma que­sto è ciò che avvie­ne a livel­lo d’élite. Se inve­ce si allar­ga lo sguar­do, fa nota­re Faggioli, “la vera muta­zio­ne di siste­ma è che non esi­ste più negli Stati Uniti un cen­tro di gra­vi­tà eccle­sia­sti­co, eccle­sia­le e teo­lo­gi­co. Anche nel cat­to­li­ce­si­mo vi è un pro­li­fe­ra­re di start-up le più dispa­ra­te che sgo­mi­ta­no per otte­ne­re spa­zio e atten­zio­ne: un ‘wild American catho­li­ci­sm’”, un cat­to­li­ce­si­mo ame­ri­ca­no sel­vag­gio, sen­za gui­da né ordi­ne, che è la vera novi­tà di que­sti tem­pi.

Scegliendo J.D. Vance come suo vice nel­la cor­sa alla Casa Bianca, Trump ha pesca­to un tipi­co espo­nen­te del­la nuo­va destra cat­to­li­ca ame­ri­ca­na. Ma sarà tut­to da veri­fi­ca­re il rea­le impat­to di que­sta can­di­da­tu­ra, in un cat­to­li­ce­si­mo che si è fat­to tan­to fra­gi­le, fram­men­ta­to, sel­vag­gio, incom­pa­ra­bi­le con quel­la robu­sta fede cri­stia­na in cui Alexis de Tocqueville vede­va il soste­gno vita­le del­la demo­cra­zia in America.

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Sandro Magister è sta­to fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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