“Fiducia supplicans”. Il cardinale Sarah: “Ci opponiamo a un’eresia che mina gravemente la Chiesa”

(s.m.) Il car­di­na­le Robert Sarah ha affi­da­to a Settimo Cielo que­sta sua rifles­sio­ne sull’attuale sta­to di con­fu­sio­ne nel­la Chiesa, con “scan­da­lo dei pic­co­li” ancor più aggra­va­to dal­la recen­te dichia­ra­zio­ne del dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede “Fiducia sup­pli­cans”, uno scan­da­lo dal qua­le, come dis­se Gesù, solo “la veri­tà vi farà libe­ri” (Gv 8,32).

Robert Sarah, 78 anni, nato e cre­sciu­to in Guinea, stu­di teo­lo­gi­ci a Roma e bibli­ci a Gerusalemme, è sta­to par­ro­co in un vil­lag­gio del­la sava­na e poi vesco­vo a Conakry, la capi­ta­le, difen­so­re indo­mi­to del­la liber­tà reli­gio­sa e civi­le in anni di spie­ta­ta dit­ta­tu­ra, anche a rischio del­la vita.

Chiamato a Roma nel 2001 da Giovanni Paolo II come segre­ta­rio del­la con­gre­ga­zio­ne per l’evangelizzazione dei popo­li, nel 2010 è sta­to fat­to car­di­na­le da Benedetto XVI, che lo vol­le pre­si­den­te del pon­ti­fi­cio con­si­glio “Cor Unum”, a soste­gno dei popo­li sof­fe­ren­ti. Il 23 novem­bre 2014 Francesco lo nomi­nò pre­fet­to del­la con­gre­ga­zio­ne per il cul­to divi­no e la disci­pli­na dei sacra­men­ti, inca­ri­co da cui fu con­ge­da­to il 20 feb­bra­io 2021.

Sarah è uno dei cin­que car­di­na­li che han­no sot­to­scrit­to i “dubia” pre­sen­ta­ti al papa la scor­sa esta­te, rice­ven­do­ne rispo­ste da loro per pri­mi giu­di­ca­te elu­si­ve.

È auto­re di libri let­ti in più lin­gue, dal for­te impat­to spi­ri­tua­le, ed è una del­le per­so­na­li­tà più auto­re­vo­li del­la Chiesa afri­ca­na, alla qua­le tut­ta dà voce in que­sto suo scrit­to.

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MESSAGGIO DI NATALE

di Robert Sarah

Roma, 6 gen­na­io 2024, festa dell’Epifania del Signore


A Natale, il Principe del­la Pace si è fat­to uomo per noi. Ad ogni uomo di buo­na volon­tà por­ta la pace che vie­ne dal Cielo. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mon­do, io la do a voi” (Gv 14,27). La pace che Gesù ci por­ta non è una nuvo­la vuo­ta, non è la pace mon­da­na che spes­so è solo un com­pro­mes­so ambi­guo, nego­zia­to tra gli inte­res­si e le men­zo­gne di cia­scu­no. La pace di Dio è veri­tà. “La veri­tà è la for­za del­la pace, per­ché essa rive­la e com­pie l’u­ni­tà del­l’uo­mo con Dio, con se stes­so, con gli altri. La veri­tà raf­for­za la pace e costrui­sce la pace”, inse­gna­va san Giovanni Paolo II [1]. La Verità fat­ta car­ne è venu­ta ad abi­ta­re tra gli uomi­ni. La sua luce non distur­ba. La sua paro­la non semi­na con­fu­sio­ne e disor­di­ne, ma rive­la la real­tà di tut­te le cose. Egli “è” la veri­tà e quin­di è “segno di con­trad­di­zio­ne” e “sve­la i pen­sie­ri di mol­ti cuo­ri” (Lc 2,34–35).

La veri­tà è la pri­ma del­le mise­ri­cor­die che Gesù offre al pec­ca­to­re. Sapremo a nostra vol­ta fare ope­ra di mise­ri­cor­dia nel­la veri­tà? Per noi è gran­de il rischio di ricer­ca­re la pace del mon­do, la popo­la­ri­tà mon­da­na che si acqui­sta a prez­zo del­la men­zo­gna, dell’ambiguità e del silen­zio com­pli­ce.

Questa pace del mon­do è fal­sa e super­fi­cia­le. Perché la men­zo­gna, il com­pro­mes­so e la con­fu­sio­ne gene­ra­no la divi­sio­ne, il sospet­to e la guer­ra tra fra­tel­li. Lo ha ricor­da­to recen­te­men­te papa Francesco: “Diavolo signi­fi­ca ‘divi­so­re’. Il dia­vo­lo vuol sem­pre crea­re divi­sio­ne” [2]. Il dia­vo­lo divi­de per­ché “in lui non c’è veri­tà. Quando dice il fal­so, dice ciò che è suo, per­ché è men­zo­gne­ro e padre del­la men­zo­gna” (Gv 8,44).

Proprio la con­fu­sio­ne, la man­can­za di chia­rez­za e di veri­tà e la divi­sio­ne han­no tur­ba­to e oscu­ra­to la festa di Natale di que­st’an­no. Alcuni media asse­ri­sco­no che la Chiesa cat­to­li­ca inco­rag­gia la bene­di­zio­ne del­le unio­ni di per­so­ne del­lo stes­so ses­so. Mentono. Fanno il lavo­ro del divi­so­re. Alcuni vesco­vi van­no nel­la stes­sa dire­zio­ne, semi­na­no il dub­bio e lo scan­da­lo nel­le ani­me dei fede­li pre­ten­den­do di bene­di­re le unio­ni omo­ses­sua­li come se fos­se­ro legit­ti­me, con­for­mi alla natu­ra crea­ta da Dio, come se potes­se­ro con­dur­re alla san­ti­tà e alla feli­ci­tà uma­na. Non fan­no che gene­ra­re erro­ri, scan­da­li, dub­bi e delu­sio­ni. Questi vesco­vi igno­ra­no o dimen­ti­ca­no il seve­ro moni­to di Gesù con­tro colo­ro che scan­da­liz­za­no i pic­co­li: “Chi scan­da­liz­ze­rà uno solo di que­sti pic­co­li che cre­do­no in me, gli con­vie­ne che gli ven­ga appe­sa al col­lo una maci­na da muli­no e sia get­ta­to nel pro­fon­do del mare” (Mt 18,6). Una recen­te dichia­ra­zio­ne del Dicastero per la Dottrina del­la Fede, pub­bli­ca­ta con l’approvazione di papa Francesco, non ha sapu­to cor­reg­ge­re que­sti erro­ri e fare ope­ra di veri­tà. Di più, con la sua man­can­za di chia­rez­za, non ha fat­to che ampli­fi­ca­re la con­fu­sio­ne che regna nei cuo­ri e alcu­ni addi­rit­tu­ra se ne sono impa­dro­ni­ti per soste­ne­re il loro ten­ta­ti­vo di mani­po­la­zio­ne.

Che fare di fron­te alla con­fu­sio­ne che il divi­so­re ha semi­na­to fin nel cuo­re del­la Chiesa? “Con il dia­vo­lo non si discu­te!”, ha det­to papa Francesco. “Non si nego­zia, non si dia­lo­ga; non lo si scon­fig­ge trat­tan­do con lui, è più for­te di noi. Il dia­vo­lo lo scon­fig­gia­mo oppo­nen­do­gli con fede la Parola divi­na. In que­sto modo Gesù ci inse­gna a difen­de­re l’unità con Dio e tra di noi dagli attac­chi del divi­so­re. La Parola divi­na è la rispo­sta di Gesù alla ten­ta­zio­ne del dia­vo­lo” [3]. Nella logi­ca di que­sto inse­gna­men­to di papa Francesco, anche noi non discu­tia­mo con il divi­so­re. Non entria­mo in discus­sio­ne con la dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans”, né con i diver­si suoi uti­liz­zi che abbia­mo visto mol­ti­pli­car­si. Semplicemente rispon­dia­mo con la Parola di Dio e con il magi­ste­ro e l’in­se­gna­men­to tra­di­zio­na­le del­la Chiesa.

Per man­te­ne­re la pace e l’unità nel­la veri­tà, dob­bia­mo rifiu­ta­re di discu­te­re con il divi­so­re, dob­bia­mo rispon­de­re alla con­fu­sio­ne con la paro­la di Dio. Perché “la paro­la di Dio è viva, effi­ca­ce e più taglien­te di ogni spa­da a dop­pio taglio; essa pene­tra fino al pun­to di divi­sio­ne del­l’a­ni­ma e del­lo spi­ri­to, fino alle giun­tu­re e alle midol­la, e discer­ne i sen­ti­men­ti e i pen­sie­ri del cuo­re” (Eb 4,12).

Come Gesù di fron­te alla Samaritana, osia­mo dire la veri­tà. “Hai det­to bene: ‘Io non ho mari­to’. Infatti hai avu­to cin­que mari­ti e quel­lo che hai ora non è tuo mari­to; in que­sto hai det­to il vero” (Gv 4,18). Cosa dire a del­le per­so­ne coin­vol­te in unio­ni omo­ses­sua­li? Come Gesù, osia­mo la pri­ma del­le mise­ri­cor­die: la veri­tà ogget­ti­va degli atti.

Con il Catechismo del­la Chiesa Cattolica (2357), pos­sia­mo quin­di affer­ma­re: “L’omosessualità desi­gna le rela­zio­ni tra uomi­ni o don­ne che pro­va­no un’at­trat­ti­va ses­sua­le, esclu­si­va o pre­do­mi­nan­te, ver­so per­so­ne del mede­si­mo ses­so. Si mani­fe­sta in for­me mol­to varie lun­go i seco­li e nel­le dif­fe­ren­ti cul­tu­re. La sua gene­si psi­chi­ca rima­ne in gran par­te inspie­ga­bi­le. Appoggiandosi sul­la Sacra Scrittura (cf Gn 19,1–29; Rm 1,24–27; 1Cor 6,10; 1Tm 1,10), che pre­sen­ta le rela­zio­ni omo­ses­sua­li come gra­vi depra­va­zio­ni, la Tradizione ha sem­pre dichia­ra­to che ‘gli atti di omo­ses­sua­li­tà sono intrin­se­ca­men­te disor­di­na­ti’ (CDF, dichia­ra­zio­ne ‘Persona huma­na’ 8). Sono con­tra­ri alla leg­ge natu­ra­le. Precludono all’at­to ses­sua­le il dono del­la vita. Non sono il frut­to di una vera com­ple­men­ta­ri­tà affet­ti­va e ses­sua­le. In nes­sun caso pos­so­no esse­re appro­va­ti”.

Qualsiasi approc­cio pasto­ra­le che non richia­mas­se que­sta veri­tà ogget­ti­va ver­reb­be meno alla pri­ma ope­ra di mise­ri­cor­dia che è il dono del­la veri­tà. Questa ogget­ti­vi­tà del­la veri­tà non è con­tra­ria all’at­ten­zio­ne pre­sta­ta all’in­ten­zio­ne sog­get­ti­va del­le per­so­ne. Ma l’insegnamento magi­stra­le e defi­ni­ti­vo di san Giovanni Paolo II deve esse­re qui richia­ma­to:

“Occorre con­si­de­ra­re con atten­zio­ne il ret­to rap­por­to che esi­ste tra la liber­tà e la natu­ra uma­na, e in par­ti­co­la­re il posto che ha il cor­po uma­no nel­le que­stio­ni del­la leg­ge natu­ra­le. […]

“La per­so­na, inclu­so il cor­po, è affi­da­ta inte­ra­men­te a se stes­sa, ed è nel­l’u­ni­tà del­l’a­ni­ma e del cor­po che essa è il sog­get­to dei pro­pri atti mora­li. La per­so­na, median­te la luce del­la ragio­ne e il soste­gno del­la vir­tù, sco­pre nel suo cor­po i segni anti­ci­pa­to­ri, l’e­spres­sio­ne e la pro­mes­sa del dono di sé, in con­for­mi­tà con il sapien­te dise­gno del Creatore. […]

“Una dot­tri­na che dis­so­ci l’at­to mora­le dal­le dimen­sio­ni cor­po­ree del suo eser­ci­zio è con­tra­ria agli inse­gna­men­ti del­la Sacra Scrittura e del­la Tradizione: tale dot­tri­na fa rivi­ve­re, sot­to for­me nuo­ve, alcu­ni vec­chi erro­ri sem­pre com­bat­tu­ti dal­la Chiesa, in quan­to ridu­co­no la per­so­na uma­na a una liber­tà ‘spi­ri­tua­le’, pura­men­te for­ma­le. Questa ridu­zio­ne misco­no­sce il signi­fi­ca­to mora­le del cor­po e dei com­por­ta­men­ti che ad esso si rife­ri­sco­no (cf 1Cor 6,19). L’apostolo Paolo dichia­ra esclu­si dal Regno dei cie­li ‘immo­ra­li, ido­la­tri, adul­te­ri, effe­mi­na­ti, sodo­mi­ti, ladri, ava­ri, ubria­co­ni, mal­di­cen­ti e rapa­ci’ (cf 1Cor 6,9–10). Tale con­dan­na – fat­ta pro­pria dal Concilio di Trento – enu­me­ra come ‘pec­ca­ti mor­ta­li’, o ‘pra­ti­che infa­mi’, alcu­ni com­por­ta­men­ti spe­ci­fi­ci la cui volon­ta­ria accet­ta­zio­ne impe­di­sce ai cre­den­ti di ave­re par­te all’e­re­di­tà pro­mes­sa. Infatti, cor­po e ani­ma sono indis­so­cia­bi­li: nel­la per­so­na, nel­l’a­gen­te volon­ta­rio e nel­l’at­to deli­be­ra­to, essi stan­no o si per­do­no insie­me” (“Veritatis splen­dor” 48–49).

Ma un disce­po­lo di Gesù non può fer­mar­si qui. Di fron­te alla don­na adul­te­ra, Gesù fa ope­ra di per­do­no nel­la veri­tà: “Neanch’io ti con­dan­no; va’ e d’o­ra in poi non pec­ca­re più” (Gv 8,11). Offre un cam­mi­no di con­ver­sio­ne, di vita nel­la veri­tà.

La dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans” scri­ve che la bene­di­zio­ne è inve­ce desti­na­ta alle per­so­ne che “men­di­ca­no che tut­to ciò che di vero di buo­no e di uma­na­men­te vali­do è pre­sen­te nel­la loro vita e rela­zio­ni, sia inve­sti­to, sana­to ed ele­va­to dal­la pre­sen­za del­lo Spirito Santo.” (n. 31). Ma cosa c’è di buo­no, di vero e di uma­na­men­te vali­do in una rela­zio­ne omo­ses­sua­le, defi­ni­ta dal­le Sacre Scritture e dal­la Tradizione come una depra­va­zio­ne gra­ve e “intrin­se­ca­men­te disor­di­na­ta”? Come può cor­ri­spon­de­re un testo del gene­re al Libro del­la Sapienza che affer­ma: “I ragio­na­men­ti distor­ti sepa­ra­no da Dio; ma la poten­za, mes­sa alla pro­va, spiaz­za gli stol­ti. La sapien­za non entra in un’a­ni­ma che com­pie il male né abi­ta in un cor­po oppres­so dal pec­ca­to. Il san­to spi­ri­to, che ammae­stra, fug­ge ogni ingan­no” (Sp 1,3–5). L’unica cosa da chie­de­re alle per­so­ne che vivo­no una rela­zio­ne con­tro natu­ra è di con­ver­tir­si e di con­for­mar­si alla Parola di Dio.

Con il Catechismo del­la Chiesa Cattolica (2358–2359), pos­sia­mo fare ulte­rio­re chia­rez­za dicen­do: “Un nume­ro non tra­scu­ra­bi­le di uomi­ni e di don­ne pre­sen­ta ten­den­ze omo­ses­sua­li pro­fon­da­men­te radi­ca­te. Questa incli­na­zio­ne, ogget­ti­va­men­te disor­di­na­ta, costi­tui­sce per la mag­gior par­te di loro una pro­va. Perciò devo­no esse­re accol­ti con rispet­to, com­pas­sio­ne, deli­ca­tez­za. A loro riguar­do si evi­te­rà ogni mar­chio di ingiu­sta discri­mi­na­zio­ne. Tali per­so­ne sono chia­ma­te a rea­liz­za­re la volon­tà di Dio nel­la loro vita, e, se sono cri­stia­ne, a uni­re al sacri­fi­cio del­la cro­ce del Signore le dif­fi­col­tà che pos­so­no incon­tra­re in con­se­guen­za del­la loro con­di­zio­ne. Le per­so­ne omo­ses­sua­li sono chia­ma­te alla casti­tà. Attraverso le vir­tù del­la padro­nan­za di sé, edu­ca­tri­ci del­la liber­tà inte­rio­re, median­te il soste­gno, tal­vol­ta, di un’a­mi­ci­zia disin­te­res­sa­ta, con la pre­ghie­ra e la gra­zia sacra­men­ta­le, pos­so­no e devo­no, gra­da­ta­men­te e riso­lu­ta­men­te, avvi­ci­nar­si alla per­fe­zio­ne cri­stia­na”.

Come ricor­da­va Benedetto XVI, “come esse­ri uma­ni, le per­so­ne omo­ses­sua­li meri­ta­no rispet­to; […] non dovreb­be­ro esse­re respin­te per que­sto moti­vo. Il rispet­to per l’essere uma­no è asso­lu­ta­men­te fon­da­men­ta­le e deci­si­vo. Ma ciò non signi­fi­ca che per que­sto l’omosessualità sia giu­sta. Resta qual­co­sa che si oppo­ne radi­cal­men­te all’es­sen­za stes­sa di ciò che Dio ha volu­to all’origine”.

La Parola di Dio tra­smes­sa dal­la Sacra Scrittura e dal­la Tradizione è quin­di il solo fon­da­men­to soli­do, il solo fon­da­men­to di veri­tà su cui ogni con­fe­ren­za epi­sco­pa­le deve poter costrui­re una pasto­ra­le di mise­ri­cor­dia e di veri­tà ver­so le per­so­ne omo­ses­sua­li. Il Catechismo del­la Chiesa Cattolica ci offre una sin­te­si poten­te, rispon­de al desi­de­rio del Concilio Vaticano II “di con­dur­re tut­ti gli uomi­ni, facen­do risplen­de­re la veri­tà del Vangelo, a cer­ca­re e ad acco­glie­re l’a­mo­re di Cristo che sor­pas­sa ogni cono­scen­za” [4].

Devo rin­gra­zia­re le con­fe­ren­ze epi­sco­pa­li che han­no già fat­to que­st’o­pe­ra di veri­tà, in par­ti­co­la­re quel­le del Camerun, del Ciad, del­la Nigeria, ecc., di cui con­di­vi­do e fac­cio mie le deci­sio­ni e la fer­ma oppo­si­zio­ne alla dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans”. Dobbiamo inco­rag­gia­re le altre con­fe­ren­ze epi­sco­pa­li nazio­na­li o regio­na­li e ogni vesco­vo a fare lo stes­so. Facendo così, non ci oppo­nia­mo a papa Francesco, ma ci oppo­nia­mo fer­ma­men­te e radi­cal­men­te a un’eresia che mina gra­ve­men­te la Chiesa, Corpo di Cristo, per­ché con­tra­ria alla fede cat­to­li­ca e alla Tradizione.

Benedetto XVI ha sot­to­li­nea­to che “la nozio­ne di ‘matri­mo­nio omo­ses­sua­le’ è in con­trad­di­zio­ne con tut­te le cul­tu­re del­l’u­ma­ni­tà che si sono suc­ce­du­te fino ad oggi e signi­fi­ca quin­di una rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le che si oppo­ne a tut­ta la tra­di­zio­ne del­l’u­ma­ni­tà fino ad oggi”. Io cre­do che la Chiesa d’Africa ne abbia una viva coscien­za. Essa non dimen­ti­ca la mis­sio­ne essen­zia­le che gli ulti­mi papi le han­no affi­da­to. Papa Paolo VI, rivol­gen­do­si ai vesco­vi afri­ca­ni riu­ni­ti a Kampala, nel 1969, dichia­rò: “‘Nova Patria Christi Africa’: la nuo­va patria di Cristo è l’Africa”. Papa Benedetto XVI, in due occa­sio­ni, ha affi­da­to all’Africa una mis­sio­ne enor­me: quel­la di esse­re il pol­mo­ne spi­ri­tua­le del­l’u­ma­ni­tà per l’in­cre­di­bi­le ric­chez­za uma­na e spi­ri­tua­le dei suoi figli, del­le sue cul­tu­re. Diceva nel­l’o­me­lia del 4 otto­bre 2009: “L’Africa rap­pre­sen­ta un immen­so ‘pol­mo­ne’ spi­ri­tua­le, per un’umanità che appa­re in cri­si di fede e di spe­ran­za. Ma anche que­sto ‘pol­mo­ne’ può amma­lar­si. E al momen­to alme­no due peri­co­lo­se pato­lo­gie lo stan­no intac­can­do: anzi­tut­to, una malat­tia già dif­fu­sa nel mon­do occi­den­ta­le, cioè il mate­ria­li­smo pra­ti­co, com­bi­na­to con il pen­sie­ro rela­ti­vi­sta e nichi­li­sta. […] Il cosid­det­to ‘pri­mo’ mon­do talo­ra ha espor­ta­to e sta espor­tan­do tos­si­ci rifiu­ti spi­ri­tua­li, che con­ta­gia­no le popo­la­zio­ni di altri con­ti­nen­ti, tra cui in par­ti­co­la­re quel­le afri­ca­ne” [5].

Giovanni Paolo II ha ricor­da­to agli afri­ca­ni che devo­no par­te­ci­pa­re alla sof­fe­ren­za e alla pas­sio­ne di Cristo per la sal­vez­za del­l’u­ma­ni­tà, per­ché “il nome di cia­scun afri­ca­no è scrit­to sul­le pal­me cro­ci­fis­se di Cristo” [6] .

La sua mis­sio­ne prov­vi­den­zia­le oggi è for­se quel­la di ricor­da­re all’Occidente che l’uo­mo non è nul­la sen­za la don­na, la don­na non è nul­la sen­za l’uo­mo ed entram­bi non sono nul­la sen­za que­sto ter­zo ele­men­to che è il figlio. San Paolo VI ave­va sot­to­li­nea­to “l’apporto inso­sti­tui­bi­le dei valo­ri tra­di­zio­na­li di que­sto con­ti­nen­te: la visio­ne spi­ri­tua­le del­la vita, il rispet­to del­la digni­tà uma­na, il sen­so del­la fami­glia e del­la comu­ni­tà” (“Africae ter­ra­rum” 8–12). La Chiesa in Africa vive di que­sta ere­di­tà. A cau­sa di Cristo e per la fedel­tà al suo inse­gna­men­to e alla sua lezio­ne di vita, le è impos­si­bi­le accet­ta­re ideo­lo­gie disu­ma­ne pro­mos­se da un Occidente scri­stia­niz­za­to e deca­den­te.

L’Africa ha una viva coscien­za del neces­sa­rio rispet­to del­la natu­ra crea­ta da Dio. Non si trat­ta di aper­tu­ra men­ta­le e di pro­gres­so socia­le come pre­ten­do­no i media occi­den­ta­li. Si trat­ta di sape­re se i nostri cor­pi ses­sua­ti sono il dono del­la sag­gez­za del Creatore o una real­tà pri­va di signi­fi­ca­to, se non arti­fi­cia­le. Ma anche qui Benedetto XVI ci avver­te: “Quando rinun­cia­mo all’idea del­la crea­zio­ne, rinun­cia­mo alla gran­dez­za dell’uomo”. La Chiesa d’Africa nell’ultimo sino­do ha dife­so con for­za la digni­tà del­l’uo­mo e del­la don­na crea­ti da Dio. La sua voce è spes­so igno­ra­ta, disprez­za­ta o con­si­de­ra­ta ecces­si­va da colo­ro la cui uni­ca osses­sio­ne è com­pia­ce­re le lob­by occi­den­ta­li.

La Chiesa d’Africa è la voce dei pove­ri, dei sem­pli­ci e dei pic­co­li. Ha il com­pi­to di annun­cia­re la Parola di Dio di fron­te a cri­stia­ni occi­den­ta­li che, per­ché ric­chi, dota­ti di com­pe­ten­ze mol­te­pli­ci in filo­so­fia, nel­le scien­ze teo­lo­gi­che, bibli­che, cano­ni­che, si cre­do­no evo­lu­ti, moder­ni e sag­gi del­la sag­gez­za del mon­do. Ma “ciò che è stol­tez­za di Dio è più sapien­te degli uomi­ni” (1Cor 1,25). Non sor­pren­de quin­di che i vesco­vi dell’Africa, nel­la loro pover­tà, sia­no oggi gli aral­di di que­sta veri­tà divi­na di fron­te alla poten­za e alla ric­chez­za di alcu­ni epi­sco­pa­ti d’Occidente. Perché “quel­lo che è stol­to per il mon­do, Dio lo ha scel­to per con­fon­de­re i sapien­ti; quel­lo che è debo­le per il mon­do, Dio lo ha scel­to per con­fon­de­re i for­ti; quel­lo che è igno­bi­le e disprez­za­to per il mon­do, quel­lo che è nul­la, Dio lo ha scel­to per ridur­re al nul­la le cose che sono, per­ché nes­su­no pos­sa van­tar­si di fron­te a Dio” (1Cor 1,27–28). Ma si avrà il corag­gio di ascol­tar­li nel­la pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo sul­la sino­da­li­tà? Oppure dovrem­mo cre­de­re che, nono­stan­te le pro­mes­se di ascol­to e di rispet­to, non si ter­ran­no in alcun con­to i loro avver­ti­men­ti, come vedia­mo oggi? “Guardatevi dagli uomi­ni” (Mt 10,17), dice il Signore Gesù, per­ché tut­ta que­sta con­fu­sio­ne, susci­ta­ta dal­la dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans”, potreb­be riap­pa­ri­re sot­to altre for­mu­la­zio­ni più sot­ti­li e più nasco­ste nel­la secon­da ses­sio­ne del Sinodo sul­la sino­da­li­tà, nel 2024, o negli argo­men­ti di colo­ro che aiu­ta­no il Santo Padre a scri­ve­re l’esortazione apo­sto­li­ca post-sinodale. Satana non ten­tò il Signore Gesù per tre vol­te? Dovremo vigi­la­re sul­le mani­po­la­zio­ni e i pro­get­ti che alcu­ni stan­no già pre­pa­ran­do per que­sta pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo.

Ogni suc­ces­so­re degli apo­sto­li deve osa­re pren­de­re sul serio le paro­le di Gesù: “Sia il vostro par­la­re: ‘Sì, sì’, ‘No, no’; il di più vie­ne dal Maligno” (Mt 5,37). Il Catechismo del­la Chiesa Cattolica ci offre l’e­sem­pio di una paro­la così chia­ra, taglien­te e corag­gio­sa. Qualsiasi altro per­cor­so sareb­be ine­vi­ta­bil­men­te tron­ca­to, ambi­guo e ingan­ne­vo­le. In que­sto momen­to sen­tia­mo tan­ti discor­si così sot­ti­li e con­tor­ti che fini­sco­no per cade­re sot­to que­sta male­di­zio­ne pro­nun­cia­ta da Gesù: “Il di più vie­ne dal Maligno”. Si inven­ta­no nuo­vi signi­fi­ca­ti del­le paro­le, si con­trad­di­ce, si fal­si­fi­ca la Scrittura men­tre si affer­ma di esser­le fede­li. Si fini­sce per non ser­vi­re più la veri­tà.

Consentitemi inol­tre di non cade­re in vani cavil­li a pro­po­si­to del signi­fi­ca­to del­la paro­la bene­di­zio­ne. È ovvio che pos­sia­mo pre­ga­re per il pec­ca­to­re, è ovvio che pos­sia­mo chie­de­re a Dio la sua con­ver­sio­ne. È ovvio che pos­sia­mo bene­di­re l’uo­mo che, poco a poco, si rivol­ge a Dio per chie­de­re umil­men­te la gra­zia di un cam­bia­men­to vero e radi­ca­le del­la sua vita. La pre­ghie­ra del­la Chiesa non si rifiu­ta a nes­su­no. Ma non può mai esse­re devia­ta facen­do­la diven­ta­re una legit­ti­ma­zio­ne del pec­ca­to, del­la strut­tu­ra del pec­ca­to, o anche dell’occasione pros­si­ma del pec­ca­to. Il cuo­re con­tri­to e peni­ten­te, anche se è anco­ra lon­ta­no dal­la san­ti­tà, deve esse­re bene­det­to. Ma ricor­dia­mo­ci che, di fron­te al rifiu­to del­la con­ver­sio­ne e all’irrigidimento, dal­la boc­ca di san Paolo non esce nes­su­na paro­la di bene­di­zio­ne ma piut­to­sto que­sto avver­ti­men­to: “Tu, con il tuo cuo­re duro e osti­na­to, accu­mu­li col­le­ra su di te per il gior­no del­l’i­ra e del­la rive­la­zio­ne del giu­sto giu­di­zio di Dio, che ren­de­rà a cia­scu­no secon­do le sue ope­re’” (Rm 2,5–6).

Sta a noi esse­re fede­li a Colui che ci ha det­to: “Per que­sto sono venu­to nel mon­do: per dare testi­mo­nian­za alla veri­tà. Chiunque è dal­la veri­tà, ascol­ta la mia voce” (Gv 18,37). Tocca a noi come vesco­vi, come sacer­do­ti, come bat­tez­za­ti ren­de­re testi­mo­nian­za a nostra vol­ta alla veri­tà. Se non osia­mo esse­re fede­li alla paro­la di Dio, non solo tra­dia­mo Lui, ma tra­dia­mo anche colo­ro a cui ci rivol­gia­mo. La liber­tà che dob­bia­mo offri­re alle per­so­ne che vivo­no in unio­ni omo­ses­sua­li risie­de nel­la veri­tà del­la paro­la di Dio. Come potrem­mo osa­re far loro cre­de­re che sareb­be bene e volu­to da Dio che riman­ga­no nel­la pri­gio­ne del loro pec­ca­to? “Se rima­ne­te nel­la mia paro­la, sie­te dav­ve­ro miei disce­po­li; cono­sce­re­te la veri­tà e la veri­tà vi farà libe­ri” (Gv 8,31–32).

Non si abbia quin­di pau­ra se non sia­mo com­pre­si e appro­va­ti dal mon­do. Gesù ce l’ha det­to: “Il mon­do odia me, per­ché di esso io atte­sto che le sue ope­re sono cat­ti­ve” (Gv 7,7). Solo quel­li che appar­ten­go­no alla veri­tà pos­so­no inten­de­re la sua voce. Non spet­ta a noi esse­re appro­va­ti e fare una­ni­mi­tà.

Ricordiamo il gra­ve moni­to di papa Francesco all’inizio del suo pon­ti­fi­ca­to: “Noi pos­sia­mo cam­mi­na­re quan­to voglia­mo, noi pos­sia­mo edi­fi­ca­re tan­te cose, ma se non con­fes­sia­mo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assi­sten­zia­le, ma non la Chiesa, Sposa del Signore… Quando non si edi­fi­ca sul­le pie­tre cosa suc­ce­de? Succede quel­lo che suc­ce­de ai bam­bi­ni sul­la spiag­gia quan­do fan­no dei palaz­zi di sab­bia, tut­to vie­ne giù, è sen­za con­si­sten­za. Quando non si con­fes­sa Gesù Cristo, mi sov­vie­ne la fra­se di Léon Bloy: ‘Chi non pre­ga il Signore, pre­ga il dia­vo­lo’. Quando non si con­fes­sa Gesù Cristo, si con­fes­sa la mon­da­ni­tà del dia­vo­lo, la mon­da­ni­tà del demo­nio” (14 mar­zo 2013).

Una paro­la di Cristo ci giu­di­che­rà: “Chi è da Dio ascol­ta le paro­le di Dio. Per que­sto voi non ascol­ta­te: per­ché non sie­te da Dio” (Gv 8,47).

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[1] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata inter­na­zio­na­le del­la pace, 1 gen­na­io 1980.
[2] Papa Francesco, Angelus del 26 feb­bra­io 2023.
[3] Angelus del 26 feb­bra­io 2023.
[4] Giovanni Paolo II, costi­tu­zio­ne apo­sto­li­ca “Fidei depo­si­tum”.
[5] Benedetto XVI, Omelia di aper­tu­ra del­la II assem­blea spe­cia­le per l’Africa del Sinodo dei vesco­vi, 4 otto­bre 2009. Egli uti­liz­ze­rà la stes­sa espres­sio­ne “Africa, pol­mo­ne spi­ri­tua­le del­l’u­ma­ni­tà” in “Africae munus”, n. 13.
[6] Giovanni Paolo II, “Ecclesia in Africa”, n. 143.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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