Rupnik. Quel processo che non finisce mai, ora anche alle sue opere

Papa Francesco l’ha det­to e scrit­to più vol­te che pre­fe­ri­sce apri­re pro­ces­si dal­la dura­ta e dagli esi­ti inde­fi­ni­ti, piut­to­sto che emet­te­re deci­sio­ni pre­ma­tu­re e improv­vi­de.

Ha però anche mes­so in moto un “pro­ces­so”, nel sen­so giu­ri­di­co del­la paro­la, che fran­ca­men­te sem­bra anda­re trop­po al di là dei tem­pi. È il pro­ces­so che ha come impu­ta­to per abu­si spi­ri­tua­li e ses­sua­li, con deci­ne di vit­ti­me, l’ex gesui­ta Marko Ivan Rupnik, 69 anni, slo­ve­no, arti­sta di fama mon­dia­le, i cui mosai­ci orna­no deci­ne di luo­ghi sacri in tut­to il mon­do, com­pre­si i palaz­zi vati­ca­ni e il san­tua­rio di Lourdes.

Nella foto qui sopra è ripro­dot­to un par­ti­co­la­re del gran­de mosai­co del­la cap­pel­la “Redemptoris Mater” in Vaticano, nel qua­le Rupnik ha raf­fi­gu­ra­to se stes­so con in mano la tavo­loz­za dei colo­ri, con accan­to il car­di­na­le Tomáš Spidlik (1919–2010), suo mae­stro spi­ri­tua­le, e la con­na­zio­na­le e soda­le Nataša Govekar, 49 anni, che diri­ge la sezio­ne teologico-pastorale del dica­ste­ro vati­ca­no per la comu­ni­ca­zio­ne.

Sono di tale gra­vi­tà le accu­se che pen­do­no su Rupnik che c’è chi vor­reb­be per­si­no distrug­ge­re le sue ope­re arti­sti­che, come se fos­se­ro anch’esse vei­co­lo dei suoi misfat­ti. E la dispu­ta è arri­va­ta a coin­vol­ge­re i gra­di alti del­le isti­tu­zio­ni vati­ca­ne. Ma andia­mo con ordi­ne.

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Anzitutto va nota­to che il pro­ces­so cano­ni­co che papa Francesco, lo scor­so 27 otto­bre, ha ordi­na­to al dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede di istrui­re con­tro Rupnik non è il pri­mo che lo vede come impu­ta­to, ma il ter­zo.

Il pro­ces­so nume­ro uno con­tro di lui risa­le al gen­na­io del 2020, e la sua istrut­to­ria fu affi­da­ta dal­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede alla Compagnia di Gesù, a segui­to di una denun­cia con­tro Rupnik per aver assol­to in con­fes­sio­ne una per­so­na sua com­pli­ce in un pec­ca­to “con­tro il sesto coman­da­men­to”. I giu­di­ci, tut­ti non gesui­ti, accer­ta­ro­no all’unanimità che la gra­vis­si­ma accu­sa era fon­da­ta. E su tale base la con­gre­ga­zio­ne, pre­sie­du­ta all’epoca dal car­di­na­le Luis Francisco Ladaria Ferrer, si appre­stò ad emet­te­re la sen­ten­za.

Sorprendentemente, però, pro­prio men­tre su Rupnik incom­be­va il giu­di­zio e la Compagnia di Gesù gli ave­va già impo­sto del­le misu­re disci­pli­na­ri tra cui il divie­to di pre­di­ca­re, Francesco, il 6 mar­zo 2020, affi­dò a lui il com­pi­to di tene­re la pri­ma medi­ta­zio­ne di Quaresima agli alti digni­ta­ri del­le curia vati­ca­na, nel­la Sala Clementina del Palazzo Apostolico.

In mag­gio la con­gre­ga­zio­ne emi­se la sen­ten­za di con­dan­na, che com­pren­de­va la sco­mu­ni­ca “latae sen­ten­tiae”. E qui altra sor­pre­sa. Pochi gior­ni dopo – ma c’è chi assi­cu­ra poche ore dopo –, in ogni caso entro quel­lo stes­so mese come con­fer­ma­to da un suc­ces­si­vo comu­ni­ca­to del­la Compagnia di Gesù, la sco­mu­ni­ca fu revo­ca­ta.

E da chi pote­va esse­re rimos­sa una sco­mu­ni­ca del gene­re se non dall’unico che è al di sopra del­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede, cioè dal papa?

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Il secon­do pro­ces­so con Rupnik come impu­ta­to pre­se il via nel giu­gno del 2021, sul­la base di accu­se di abu­si ses­sua­li e spi­ri­tua­li rivol­te da alcu­ne con­sa­cra­te del­la Comunità Loyola da lui fon­da­ta a Lubiana nei pri­mi anni Ottanta assie­me alla reli­gio­sa sua con­na­zio­na­le Ivanka Hosta, comu­ni­tà poi scis­sa con l’emigrazione a Roma di Rupnik e di un mani­po­lo di sue segua­ci.

Anche qui la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede arri­vò pre­sto a con­sta­ta­re l’effettiva con­si­sten­za del­le accu­se. Ma, di nuo­vo sen­za che Rupnik mostras­se il mini­mo timo­re, evi­den­te­men­te per lo scu­do che gli era assi­cu­ra­to dal papa, il qua­le lo rice­vet­te in ami­che­vo­le udien­za il 3 gen­na­io del 2022.

Nell’ottobre di quel­lo stes­so anno, il 2022, il pro­ces­so fu infat­ti chiu­so con un nul­la di fat­to, con la moti­va­zio­ne che i rea­ti impu­ta­ti a Rupnik, risa­len­ti agli anni Ottanta e Novanta, era­no “da con­si­de­rar­si pre­scrit­ti per decor­ren­za dei ter­mi­ni”.

Anche qui, però, va nota­to che que­sta cadu­ta in pre­scri­zio­ne del­le accu­se non era affat­to una scel­ta obbli­ga­ta, per­ché nell’estate del 2020 era­no arri­va­te ai vesco­vi di tut­to il mon­do, per volon­tà del­lo stes­so papa Francesco, del­le istru­zio­ni riguar­do agli abu­si ses­sua­li su mino­ri e “adul­ti vul­ne­ra­bi­li” che auto­riz­za­va­no e, anzi, con­si­glia­va­no la dero­ga alla pre­scri­zio­ne, valu­ta­ta la gra­vi­tà dei fat­ti e i loro dure­vo­li effet­ti sul­le vit­ti­me rea­li e poten­zia­li.

E nei mesi suc­ces­si­vi, quan­do per la pri­ma vol­ta affio­ra­ro­no in pub­bli­co le pri­ma denun­ce por­ta­te con­tro Rupnik dal­le don­ne da lui abu­sa­te, emer­se che gli atti a lui impu­ta­ti era­no effet­ti­va­men­te di una gra­vi­tà inau­di­ta, con vio­la­zio­ni siste­ma­ti­che nel­lo spi­ri­to e nel cor­po, in nome di aber­ran­ti giu­sti­fi­ca­zio­ni teo­lo­gi­che e misti­che.

Ma evi­den­te­men­te, a giu­di­zio di Francesco, né gli abu­si com­piu­ti da Rupnik era­no gra­vi, né le don­ne adul­te da lui vio­la­te era­no da con­si­de­rar­si “vul­ne­ra­bi­li”. Intervistato il 24 gen­na­io 2023 da Nicole Winfield dell’Associated Press, il papa riba­dì che “la pre­scri­zio­ne è una garan­zia. Se c’è una mino­ren­ne la tol­go sem­pre, o con un adul­to vul­ne­ra­bi­le”, ma “in que­sto caso no”.

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Al ter­zo e attua­le pro­ces­so si arri­va nell’autunno del 2023, quan­do le denun­ce pub­bli­che del­le vit­ti­me di Rupnik sono ormai cre­sciu­te a tren­ta e su un arco di anni mol­to este­so.

È la Compagnia di Gesù ad apri­re nell’inverno pre­ce­den­te la nuo­va inda­gi­ne, inco­rag­gian­do tut­te le vit­ti­me a pre­sen­ta­re denun­cia, accer­tan­do come cre­di­bi­li le accu­se per­ve­nu­te e poi riman­dan­do la com­pe­ten­za del pro­ces­so al dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede.

In giu­gno Rupnik è espul­so dal­la Compagnia, che quin­di per­de ogni auto­ri­tà su di lui, e come sem­pli­ce sacer­do­te si incar­di­na nel­la dio­ce­si slo­ve­na di Capodistria, sen­za mai dichia­rar­si col­pe­vo­le.

Il car­di­na­le Angelo De Donatis, fino al 6 apri­le 2024 vica­rio del­la dio­ce­si del papa, con­ti­nua a difen­der­lo, asse­gnan­do il tut­to a una “male­vo­la cam­pa­gna media­ti­ca”. E lo difen­de dal pre­sun­to “lin­ciag­gio” anche Maria Campatelli, la diret­tri­ce del labo­ra­to­rio arti­sti­co di Rupnik a Roma, che il papa rice­ve in bene­vo­la udien­za il 15 set­tem­bre.

Ma ormai anche a Francesco – dopo che un’ennesima, pres­san­te richie­sta gli è arri­va­ta dal­la pon­ti­fi­cia com­mis­sio­ne per la tute­la del­le vit­ti­me pre­sie­du­ta dal car­di­na­le Sean O’Malley – non resta che auto­riz­za­re il 27 otto­bre l’avvio di un nuo­vo pro­ces­so sen­za più pre­scri­zio­ne, che effet­ti­va­men­te è mes­so in moto nel­la sede sua pro­pria, la sezio­ne disci­pli­na­re del dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede, con suo segre­ta­rio l’irlandese John Joseph Kennedy.

Il qua­le set­te mesi dopo, il 30 mag­gio di quest’anno, incal­za­to dai gior­na­li­sti, ha con­fer­ma­to che al pro­ces­so “stia­mo lavo­ran­do”, anzi, “sia­mo abba­stan­za avan­ti, gra­di­no dopo gra­di­no”, sen­za però fis­sa­re alcu­na sca­den­za.

A Kennedy i gior­na­li­sti chie­do­no anche un pare­re sull’uso stru­men­ta­le del­le imma­gi­ni dei suoi mosai­ci che Rupnik avreb­be fat­to nel vio­la­re le sue vit­ti­me, come ispi­ra­to da un “fal­so misti­ci­smo”.

Ed è pro­prio sul­la pre­sen­za, sull’utilizzo e sul­la sor­te del­le ope­re arti­sti­che dell’ex gesui­ta che si è acce­sa in que­sti ulti­mi mesi un’ulteriore dispu­ta.

Uno dei mosai­ci di Rupnik più noti si tro­va all’esterno del­la basi­li­ca del san­tua­rio maria­no di Lourdes, dove è sta­ta isti­tui­ta una com­mis­sio­ne per deci­de­re se lasciar­li al loro posto o rimuo­ver­li. Il vesco­vo di Lourdes, Jean-Marie Micas, si è det­to incli­ne alla rimo­zio­ne, per rispet­to del­le vit­ti­me, ma nel­la com­mis­sio­ne i pare­ri sono tal­men­te con­tra­stan­ti che per ora la deci­sio­ne prov­vi­so­ria è sem­pli­ce­men­te di non illu­mi­na­re i mosai­ci duran­te le pro­ces­sio­ni not­tur­ne.

C’è però un altro uso del­le ope­re di Rupnik, ed è quel­lo del loro rilan­cio per illu­stra­re libri, mani­fe­sti, con­ve­gni, pagi­ne web. In Vaticano ciò avvie­ne mol­to di fre­quen­te, ad esem­pio per illu­stra­re le cate­che­si di don Fabio Rossini sul sito uffi­cia­le Vatican News. Ed è pro­prio que­sto uti­liz­zo che è sta­to viva­ce­men­te con­te­sta­to a Paolo Ruffini, pre­fet­to del dica­ste­ro vati­ca­no per la comu­ni­ca­zio­ne, lo scor­so 21 giu­gno, nel cor­so di un con­ve­gno del­la Catholic Media Conference ad Atlanta.

Alle doman­de, Ruffini ha rispo­sto sec­ca­to: “Non abbia­mo mes­so in rete nuo­ve imma­gi­ni, sem­pli­ce­men­te abbia­mo lascia­to quel­le che già c’erano. Personalmente pen­so che rimuo­ver­le non sia un buon modo per anti­ci­pa­re l’esito del pro­ces­so. O lei pen­sa che se io tol­go la foto di un’opera d’arte dal mio sito web sarò più vici­no alle vit­ti­me? Lei pen­sa que­sto? Io pen­so che lei sba­glia”.

Pochi gior­ni dopo, però, il 28 giu­gno, è inter­ve­nu­to il car­di­na­le O’Malley, la più alta auto­ri­tà vati­ca­na per la tute­la del­le vit­ti­me, con una let­te­ra a tut­ti i capi dica­ste­ro del­la curia roma­na, nel­la qua­le ha chie­sto di non uti­liz­za­re più le imma­gi­ni del­le ope­re di Rupnik.

“Negli ulti­mi mesi – scri­ve O’Malley – vit­ti­me e soprav­vis­su­ti ad abu­si di pote­re, spi­ri­tua­li e ses­sua­li han­no con­tat­ta­to la com­mis­sio­ne per espri­me­re la loro cre­scen­te fru­stra­zio­ne e pre­oc­cu­pa­zio­ne per il con­ti­nuo uti­liz­zo di ope­re d’ar­te di padre Marko Rupnik da par­te di diver­si uffi­ci vati­ca­ni, tra cui il dica­ste­ro per la comu­ni­ca­zio­ne”. E quin­di, seb­be­ne il pro­ces­so sia anco­ra in cor­so e la pre­sun­zio­ne di inno­cen­za pri­ma del ver­det­to deb­ba esse­re rispet­ta­ta, “la Santa Sede e i suoi uffi­ci devo­no eser­ci­ta­re una sag­gia pru­den­za pasto­ra­le e la com­pas­sio­ne ver­so colo­ro che sono sta­ti dan­neg­gia­ti da abu­si ses­sua­li”, rimuo­ven­do, appun­to, imma­gi­ni che “potreb­be­ro impli­ca­re una discol­pa o una sot­ti­le dife­sa” dell’imputato “o indi­ca­re indif­fe­ren­za per il dolo­re e la sof­fe­ren­za di tan­te vit­ti­me”.

Sta di fat­to che anco­ra oggi, a metà luglio, le imma­gi­ni con­te­sta­te sono rima­ste visi­bi­li nei siti web gesti­ti dal dica­ste­ro vati­ca­no per la comu­ni­ca­zio­ne, dove rico­pre una cari­ca diret­ti­va una segua­ce di Rupnik che tut­to­ra lo difen­de ad oltran­za: Nataša Govekar, la stes­sa che com­pa­re accan­to a lui nel mosai­co sopra ripro­dot­to.

Quanto inve­ce all’idea di distrug­ge­re come anch’essi col­pe­vo­li e male­fi­ci i mosai­ci dell’ex gesui­ta – idea che mostra una cer­ta col­li­man­za, volu­ta o no, con la “can­cel cul­tu­re” – ha oppo­sto con­vin­cen­ti obie­zio­ni, alla luce di eccel­si arti­sti come Raffaello, Caravaggio, Bernini dal­la vita non inap­pun­ta­bi­le ma di cui nes­su­no ose­reb­be oscu­ra­re le ope­re, la sto­ri­ca dell’arte Elizabeth Lev, inter­vi­sta­ta per “Crux” da Elise Ann Allen.

Elizabeth Lev è figlia di Mary Ann Glendon, docen­te eme­ri­ta di dirit­to alla Harvard University, amba­scia­tri­ce degli Stati Uniti pres­so la Santa sede negli anni di Benedetto XVI e a capo nel 1995 a Pechino del­la dele­ga­zio­ne vati­ca­na alla con­fe­ren­za mon­dia­le sul­le don­ne orga­niz­za­ta dal­le Nazioni Unite.

L’11 luglio è arri­va­ta però la noti­zia che due mosai­ci di Rupnik saran­no pre­sto tol­ti alla vista, coper­ti da un telo. È il pri­mo caso del gene­re ed è sta­to deci­so dai Cavalieri di Colombo, la gran­de orga­niz­za­zio­ne cari­ta­ti­va ame­ri­ca­na, in due loro chie­se a Washington e a New Haven, per soli­da­rie­tà con le vit­ti­me “che han­no già sof­fer­to immen­sa­men­te e sareb­be­ro ulte­rior­men­te feri­te dal­la con­ti­nua osten­sio­ne dei mosai­ci”.

Col vero pro­ces­so, quel­lo cano­ni­co, che non arri­va mai a sen­ten­za, il caso Rupnik rischia così di debor­da­re dal­le aule giu­di­zia­rie alle piaz­ze. Ennesimo frut­to del mal­go­ver­no del­la Chiesa.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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