Quei cattolici che hanno votato Trump. E le reazioni delle Chiese a Roma e a Kyiv

Il 56 per cen­to dei cat­to­li­ci degli Stati Uniti han­no vota­to per Donald Trump, con­tro il 41 per cen­to per Kamala Harris. Un net­to rove­scia­men­to di posi­zio­ni rispet­to a quat­tro anni fa, quan­do il 52 per cen­to vota­ro­no per Joe Biden, cat­to­li­co come loro, e pro­gres­si­sta.

Sicuramente il fat­to­re reli­gio­so ha avu­to quest’anno un’incidenza sul voto mino­re che in pas­sa­to, soprat­tut­to a moti­vo del­la seco­la­riz­za­zio­ne sem­pre più spin­ta del­la socie­tà ame­ri­ca­na. Ne è una pro­va lo scar­so impat­to che ha avu­to sui votan­ti la que­stio­ne dell’aborto, pur dichia­ra­ta dal­la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le “prio­ri­tà pre­mi­nen­te” nell’orientare i fede­li. Anche Trump era a suo modo “pro choi­ce” e in vari Stati, ad esem­pio in Florida, la sua vit­to­ria elet­to­ra­le si è accom­pa­gna­ta alla pre­va­len­za del “sì” in con­co­mi­tan­ti refe­ren­dum più per­mis­si­vi in tema di abor­to.

Ma que­sta è sta­ta solo una par­te di una muta­zio­ne cul­tu­ra­le più gene­ra­le, che ha inve­sti­to l’elettorato non solo cat­to­li­co. Il socio­lo­go e poli­to­lo­go Luca Ricolfi, in un suo recen­te sag­gio dal tito­lo “Il fol­le­men­te cor­ret­to”, ha indi­vi­dua­to quat­tro segna­li del­la cre­scen­te osti­li­tà negli Stati Uniti al lin­guag­gio e all’ideologia “woke”, osti­li­tà risul­ta­ta deter­mi­nan­te nell’esito del­le vota­zio­ni.

Il pri­mo segna­le è che “già due anni fa Hillary Clinton ave­va avver­ti­to che a for­za di ‘woke’ e dirit­ti LGBT+ i demo­cra­ti­ci si sareb­be­ro schian­ta­ti”.

Il secon­do è sta­to “la scel­ta fat­ta da Harris di Tim Walz come vice­pre­si­den­te, il qua­le si era distin­to come gover­na­to­re del Minnesota per il suo soste­gno alla cau­sa trans e ai cam­bia­men­ti di gene­re pre­co­ci”.

Il ter­zo è sta­to “il con­fron­to inter­no al mon­do fem­mi­ni­sta, par­te del qua­le ave­va chie­sto a Harris una pre­sa di distan­za dal­le tera­pie di ‘affer­ma­zio­ne di gene­re’ per i mino­ri, pre­sa di distan­za che non vi è sta­ta”.

Il quar­to è “la smo­bi­li­ta­zio­ne in cor­so da un anno o due in tan­te azien­de ame­ri­ca­ne del­le poli­ti­che DEI, ‘diver­si­ty, equi­ty, inclu­sion’, sot­to­po­ste a una cre­scen­te avver­sio­ne nell’opinione pub­bli­ca”.

Si può aggiun­ge­re la tra­scu­ra­tez­za che Harris ha mostra­to, nel cor­so del­la cam­pa­gna elet­to­ra­le, per il cam­po cat­to­li­co, in par­ti­co­la­re quan­do si è data assen­te alla Al Smith Dinner, l’evento di bene­fi­cen­za orga­niz­za­to perio­di­ca­men­te dall’arcidiocesi di New York, col car­di­na­le Timothy Dolan che ha com­men­ta­to: “Non era mai acca­du­to negli ulti­mi quarant’anni, da quan­do Walter Mondale non si pre­sen­tò e per­se in qua­ran­ta­no­ve Stati su cin­quan­ta”.

Ma la muta­zio­ne in cor­so tra i cat­to­li­ci ame­ri­ca­ni non è fat­ta solo di insof­fe­ren­za reat­ti­va ad alcu­ni trat­ti del­la cul­tu­ra impe­ran­te. Si carat­te­riz­za anche per ele­men­ti di novi­tà, sia pure non tali da con­fi­gu­ra­re un nuo­vo ordi­ne alter­na­ti­vo a quel­lo, in via di scom­par­sa, del pro­gres­si­smo post­con­ci­lia­re.

La scel­ta fat­ta da Trump del cat­to­li­co J.D. Vance (nel­la foto) come vice­pre­si­den­te è par­ti­co­lar­men­te rive­la­tri­ce, sia per la sua sto­ria per­so­na­le che per i per­so­nag­gi a cui fa rife­ri­men­to.

Della sua sto­ria per­so­na­le Settimo Cielo ha scrit­to in un pre­ce­den­te post. Qui basti sot­to­li­nea­re che la sua for­tu­na­ta auto­bio­gra­fia “Hillbilly Elegy” ritrae sì la vita agra del­la clas­se ope­ra­ia bian­ca nel­la deca­du­ta area indu­stria­le tra i Monti Appalachi e i Grandi Laghi, ma non con lo sguar­do com­pas­sio­ne­vo­le di chi si pie­ga su que­sti moder­ni pove­ri, che anzi egli met­te alla fru­sta, esi­gen­do che si dia­no da fare per risa­li­re la chi­na con quell’inventiva, corag­gio, sfron­ta­tez­za da lui stes­so imper­so­na­ti pri­ma come mari­ne in Iraq, poi come stu­den­te nel­le uni­ver­si­tà d’élite dell’Ohio e di Yale, poi con l’incontro con Peter Thiel, dina­mi­co impren­di­to­re del­la Silicon Valley che lo intro­dus­se all’attività impren­di­to­ria­le e poli­ti­ca, e soprat­tut­to con Patrick J. Deneen, pro­fes­so­re di scien­ze poli­ti­che pri­ma a Princeton, poi alla Georgetown University dei gesui­ti di Washington e oggi alla University of Notre Dame di South Bend nell’Indiana, dive­nu­to suo mae­stro ed ami­co.

Deneen è il gran­de teo­ri­co del­la cri­ti­ca al libe­ra­li­smo, sia eco­no­mi­co che cul­tu­ra­le. Il suo libro “Why Liberalism Failed”, usci­to nel 2018, fu all’epoca uno dei più let­ti e discus­si, con una lun­ga recen­sio­ne e tre edi­to­ria­li di com­men­to sul “New York Times” in appe­na un mese. Fu tra­dot­to in una doz­zi­na di lin­gue e per­fi­no un avver­sa­rio come Barack Obama lo rico­nob­be come let­tu­ra obbli­ga­ta.

Ma Deneen, cat­to­li­co, let­to­re e cul­to­re di Agostino, Tocqueville e René Girard, è anche per­so­na­li­tà di spic­co di quel­la pic­co­la ma influen­te “New Right” di pen­sa­to­ri cat­to­li­ci che ha tra i suoi mem­bri il pro­fes­so­re di dirit­to a Harvard Adrian Vermeule, il teo­ri­co poli­ti­co Gladden Pappin, il teo­lo­go Chad Pecknold e il gior­na­li­sta Sohrab Ahmari, già diret­to­re edi­to­ria­le del “New York Post” e fon­da­to­re di “Compact”, uno di quei bril­lan­ti maga­zi­ne cul­tu­ra­li nati ulti­ma­men­te nel­la destra postli­be­ra­le e cat­to­li­ca.

Il suc­ces­so del libro di Deneen ave­va avu­to un pre­ce­den­te di pari rilie­vo, nel 2012, con l’uscita di “The New Geography of Jobs” di Enrico Moretti, docen­te a Berkeley, che attri­bui­va la frat­tu­ra negli Stati Uniti tra le due coste esu­be­ran­ti e tec­no­lo­gi­che e l’interno del pae­se disa­stra­to e impo­ve­ri­to al tra­vol­gen­te svi­lup­po del­le nuo­ve tec­no­lo­gie, le qua­li però ammaz­za­va­no sì tan­ti lavo­ri, ma a tan­ti altri crea­va­no lo spa­zio. Moretti era tra gli esper­ti con­sul­ta­ti da Obama, agli anti­po­di di Deneen e Vance e del loro postli­be­ra­li­smo, che però, col suo sta­ta­li­smo anti­mer­ca­to, assu­me oggi anche l’aspetto di “un ibri­do tra la social­de­mo­cra­zia del­la sini­stra e l’individualismo del­la destra”, come ha det­to lo stes­so Vance in un’intervista a “New Statesman”.

Insomma, la “New Right” cat­to­li­ca ame­ri­ca­na – che è anche iso­la­zio­ni­sta in cam­po inter­na­zio­na­le – ha poco o nulla da spar­ti­re con le bat­ta­glie geo­po­li­ti­che e teo­lo­gi­che dei “neo­con” cat­to­li­ci dei decen­ni pas­sa­ti, da Michael Novak a Richard J. Neuhaus a George Weigel.

Quanto e come ciò segne­rà la pre­si­den­za di Trump è tut­to da vede­re. Ma intan­to è uti­le pren­de­re nota di alcu­ne rea­zio­ni di poli­ti­ca eccle­sia­sti­ca alla sua ele­zio­ne.

Le pri­me sono sta­te le dichia­ra­zio­ni del segre­ta­rio di Stato vati­ca­no, il car­di­na­le Pietro Parolin.

Interpellato il 7 novem­bre dai gior­na­li­sti, Parolin ha augu­ra­to a Trump “tan­ta sag­gez­za” e ha auspi­ca­to che la sua pre­si­den­za “pos­sa dav­ve­ro esse­re un ele­men­to di disten­sio­ne e di paci­fi­ca­zio­ne negli attua­li con­flit­ti che stan­no insan­gui­nan­do il mon­do”.

Ma con la Cina, al con­tra­rio del­lo spi­ri­to bel­li­co­so di Trump, il car­di­na­le ha assi­cu­ra­to che da par­te del­la Santa Sede “il dia­lo­go con­ti­nua” ed “è essen­zial­men­te eccle­sia­le”, indi­pen­den­te­men­te dal­le “rea­zio­ni che pos­sa­no veni­re anche dall’America”, come accad­de nel 2020, quan­do l’allora segre­ta­rio di Stato di Trump, Mike Pompeo, alla vigi­lia di un’udienza con papa Francesco, scris­se sul­la pre­sti­gio­sa rivi­sta cat­to­li­ca “First Things” che con l’accor­do sot­to­scrit­to due anni pri­ma sul­la nomi­na dei vesco­vi cine­si, se rin­no­va­to come poi in effet­ti avven­ne, “il Vaticano avreb­be mes­so in peri­co­lo la sua auto­ri­tà mora­le”.

Il 15 novem­bre, di nuo­vo accer­chia­to dai gior­na­li­sti, Parolin ha aggiun­to che “non c’è nes­su­na con­trad­di­zio­ne tra l’essere auten­ti­ca­men­te cine­si e buo­ni cit­ta­di­ni ed esse­re cri­stia­ni”, come già soste­ne­va il gran­de mis­sio­na­rio gesui­ta Matteo Ricci nel Cinquecento, e “per noi il dia­lo­go rima­ne il prin­ci­pio fon­da­men­ta­le”.

Un’altro pos­si­bi­le effet­to poli­ti­co ed eccle­sia­sti­co del­la vit­to­ria di Trump riguar­da l’Ucraina.

Lì non c’è sol­tan­to il dichia­ra­to inte­res­se del nuo­vo pre­si­den­te ame­ri­ca­no a chiu­de­re rapi­da­men­te il con­flit­to, anche a costo di favo­ri­re Vladimir Putin. Il suo vice Vance – che all’Ucraina ha già det­to che vuo­le tron­ca­re ogni aiu­to – è sta­to anche un cri­ti­co rumo­ro­so del­la leg­ge 3894 appro­va­ta il 20 ago­sto dal par­la­men­to di Kyiv, che met­te al ban­do qual­sia­si orga­niz­za­zio­ne reli­gio­sa in Ucraina che abbia il suo “cen­tro” in Russia e dal­la Russia “sia gover­na­ta”, cioè in con­cre­to la Chiesa orto­dos­sa ucrai­na sto­ri­ca­men­te dipen­den­te dal patriar­ca­to di Mosca.

La leg­ge non è entra­ta imme­dia­ta­men­te in vigo­re. L’avvio del­le pro­ce­du­re per la mes­sa al ban­do è sta­to rin­via­to al mag­gio 2025 e in que­sto mar­gi­ne di tem­po si è atti­va­ta la volon­tà paci­fi­ca­tri­ce del patriar­ca­to di Costantinopoli, che Settimo Cielo ha det­ta­glia­ta­men­te descrit­to in un post del­lo scor­so 2 set­tem­bre.

Ebbene, in un futu­ro nego­zia­to sul­la pace in Ucraina, un atten­to osser­va­to­re del­le vicen­de del­le Chiese orien­ta­li come Peter Anderson, ame­ri­ca­no di Seattle, ritie­ne che pos­sa rien­tra­re in gio­co anche il desti­no del­la Chiesa orto­dos­sa ucrai­na lega­ta a Mosca.

A giu­di­zio di Anderson, il pre­si­den­te ucrai­no Volodymyr Zelensky non avreb­be più inte­res­se a for­za­re la mes­sa al ban­do di que­sta Chiesa, col rischio di irri­gi­di­re ancor più, in un even­tua­le nego­zia­to, sia il Cremlino che il patriar­ca­to rus­so. Mentre a sua vol­ta la Chiesa orto­dos­sa ucrai­na avreb­be inte­res­se a garan­ti­re la sua auto­no­mia da Mosca, come già voglio­no una par­te mag­gio­ri­ta­ria dei suoi metro­po­li­ti ed epar­chi, in un rin­no­va­to pari­ta­rio rap­por­to col patriar­ca­to rus­so e le altre Chiese sorel­le.

———-

Sandro Magister è sta­to fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
Ma di Settimo Cielo è con­sul­ta­bi­le anche l’intero archi­vio, anno per anno e in più lin­gue:
> 2024–2023-2022–2021-2020–2019-2018–2017
Come pure l’indice com­ple­to del blog www.chiesa che l’ha pre­ce­du­to:
> 2016–2015-2014–2013-2012–2011-2010–2009-2008–2007-2006–2005-2004–2003-2002

Share Button
Cet article a été posté dans  Italiano.  Ajoutez le permalien à vos favoris.