L’enigma Cina non è solo politico. È anche religioso

In un mon­do squas­sa­to dal­le guer­re di Terra Santa, d’Ucraina e non solo, la Cina è il con­vi­ta­to di pie­tra, temi­bi­le, incom­ben­te, enig­ma­ti­co.

Limitando il cam­po d’osservazione al feno­me­no reli­gio­so, anche qui la Cina è un enig­ma. E lo è anche per la Chiesa cat­to­li­ca. L’intesa sigla­ta nel 2018 tra Roma e Pechino sul­la nomi­na dei vesco­vi ha fin qui pro­dot­to effet­ti più pro­ble­ma­ti­ci che riso­lu­ti­vi. Delle 99 dio­ce­si ridi­se­gna­te dal regi­me, un buon ter­zo sono anco­ra sco­per­te e le ulti­me due nomi­ne sono sta­te deci­se uni­la­te­ral­men­te dal­le auto­ri­tà comu­ni­ste, obbli­gan­do il papa a sot­to­scri­ver­le “ex post”.

Non solo. A capo del­le due dio­ce­si mag­gio­ri, quel­le di Pechino e di Shanghai, il regi­me ha oggi al suo ser­vi­zio due vesco­vi che sono a loro vol­ta, rispet­ti­va­men­te, i pre­si­den­ti dell’Associazione patriot­ti­ca dei cat­to­li­ci cine­si e del Consiglio dei vesco­vi cine­si, cioè dei due orga­ni­smi tra­mi­te i qua­li il par­ti­to comu­ni­sta con­trol­la e gover­na la Chiesa. Al Sinodo che si è tenu­to a Roma in otto­bre, i due vesco­vi in rap­pre­sen­tan­za del­la Cina con­ti­nen­ta­le han­no avu­to il lascia­pas­sa­re per Roma – vali­do solo per una deci­na di gior­ni – con que­sta for­mu­la elo­quen­te e umi­lian­te: “La Chiesa loca­le d’intesa con le auto­ri­tà ha pre­sen­ta­to due nomi e il Santo Padre li ha inse­ri­ti tra i mem­bri di sua nomi­na”.

Hong Kong era l’ultima oasi di liber­tà, anche per i cat­to­li­ci che in que­sta metro­po­li han­no un ruo­lo impor­tan­te. L’attuale suo vesco­vo e car­di­na­le, Stephen Chow Sau-Yan, fa il pos­si­bi­le per resi­ste­re, ma il viag­gio “pon­te” che ha com­piu­to a Pechino lo scor­so apri­le su invi­to del vesco­vo del­la capi­ta­le Joseph Li Shan e che sarà ricam­bia­to a metà novem­bre dal­la visi­ta di que­sti a Hong Kong rap­pre­sen­ta piut­to­sto, per le auto­ri­tà comu­ni­ste che l’hanno volu­to, un pas­so avan­ti nel pia­no di tota­le annes­sio­ne e sot­to­mis­sio­ne dell’ex colo­nia bri­tan­ni­ca.

Un pia­no che cor­ri­spon­de alla più gene­ra­le volon­tà di “siniz­za­zio­ne” che Xi Jinping sta appli­can­do in Cina a tut­te le reli­gio­ni, e che il neo­ve­sco­vo di Shanghai Joseph Shen Bin ha spo­sa­to come una sor­ta di inva­li­ca­bi­le ”linea ros­sa”, in una lun­ga inter­vi­sta pro­gram­ma­ti­ca sul­la rivi­sta del­la sua dio­ce­si, dif­fu­sa il 20 otto­bre:

“C’è una lezio­ne pro­fon­da che dob­bia­mo impa­ra­re dagli erro­ri del pas­sa­to che non devo­no esse­re ripe­tu­ti. Dobbiamo ade­ri­re al prin­ci­pio del patriot­ti­smo e del­l’a­mo­re per la Chiesa, ade­ri­re al prin­ci­pio del­l’in­di­pen­den­za e del­l’au­to­no­mia nel­la gestio­ne del­la Chiesa, ade­ri­re al prin­ci­pio del­la demo­cra­zia nel­la gestio­ne del­la Chiesa e ade­ri­re alla dire­zio­ne del­la siniz­za­zio­ne del­la Chiesa cat­to­li­ca. È un con­fi­ne che nes­su­no può oltre­pas­sa­re, ed è anche una linea sen­si­bi­le, che nes­su­no dovreb­be toc­ca­re”.

Oltre che pre­si­den­te del­la pseu­do con­fe­ren­za epi­sco­pa­le cine­se, Shen Bin è anche vice­pre­si­den­te del­la Conferenza poli­ti­ca con­sul­ta­ti­va del popo­lo cine­se, l’organo con più di due­mi­la dele­ga­ti chia­ma­to ad appro­va­re a sca­to­la chiu­sa le deci­sio­ni del pre­si­den­te Xi e del­la lea­der­ship del par­ti­to comu­ni­sta.

Shen Bin ha con­clu­so la sua inter­vi­sta con un calo­ro­so invi­to ad accor­re­re da tut­to il mon­do a “vede­re sul cam­po com’è la Chiesa in Cina”.

Ma a voler­si limi­ta­re alle sta­ti­sti­che, le cifre non for­ni­sco­no un’immagine vita­le del­la Chiesa cat­to­li­ca in Cina. Un mis­sio­na­rio ita­lia­no a Hong Kong, Fabio Cavata, in una sua recen­te tesi di dot­to­ra­to, ha con­sta­ta­to che nei semi­na­ri cine­si si è cala­ti dal­le 2400 pre­sen­ze nell’anno 2000 alle 420 del 2020. Più in gene­ra­le, il cat­to­li­ce­si­mo in Cina non risul­ta affat­to in espan­sio­ne. Un for­te limi­te alla cre­sci­ta è dato dal­la proi­bi­zio­ne asso­lu­ta di affi­liar­si a qual­sia­si reli­gio­ne pri­ma di aver com­piu­to 18 anni e dal divie­to di inse­gna­re il cate­chi­smo ai mino­ren­ni, in qual­sia­si luo­go e moda­li­tà.

Nel 2004 – ulti­mo dato uffi­cia­le dispo­ni­bi­le, esclu­den­do dal cal­co­lo Hong Kong e Macao – in Cina i cat­to­li­ci era­no più con­cen­tra­ti nel­le regio­ni meri­dio­na­li costie­re e nel­le pro­vin­ce di Hebei, Shanxi e Shaanxi, come si può vede­re dal gra­fi­co in que­sta pagi­na.

E oggi? All’impossibilità per gli isti­tu­ti di ricer­ca occi­den­ta­li di con­dur­re libe­ra­men­te inda­gi­ni sul­le reli­gio­ni in Cina, si sop­pe­ri­sce vaglian­do le ricer­che degli isti­tu­ti demo­gra­fi­ci cine­si, spe­cie uni­ver­si­ta­ri.

È quan­to ha fat­to recen­te­men­te l’autorevole Pew Research Center di Washington, con una serie di pub­bli­ca­zio­ni ric­chis­si­me di dati dal tito­lo gene­ra­le “Measuring Religion in China”, accom­pa­gna­te da un uti­le deca­lo­go per avver­ti­re quan­to il feno­me­no reli­gio­so in que­sto pae­se sia un caso uni­co al mon­do, quan­to mai dif­fi­ci­le da deci­fra­re.

A com­pli­ca­re il qua­dro è anche il voca­bo­lo e il con­cet­to di reli­gio­ne, tra­dot­to “zon­g­jiao”, che in Cina sta per reli­gio­ne orga­niz­za­ta alla qua­le si può o no appar­te­ne­re, come il cri­stia­ne­si­mo o l’islam, diver­sa­men­te da quel­le cre­den­ze e pra­ti­che più flui­de e dai con­fi­ni tra loro per­mea­bi­li come il bud­di­smo, il con­fu­cia­ne­si­mo, il taoi­smo, di cui mol­ti attin­go­no all’una o all’altra tra­di­zio­ne sen­za deri­var­ne, con ciò, di appar­te­ner­vi.

Ciò com­por­ta che meno di un cine­se su die­ci affer­ma di appar­te­ne­re a una reli­gio­ne, con un net­to calo dal 12 per cen­to del 2010 al 6,5 per cen­to del 2021. I cri­stia­ni di ogni con­fes­sio­ne che si dichia­ra­no aper­ta­men­te tali sono appe­na l’uno per cen­to del­la popo­la­zio­ne.

Ma nel­lo stes­so tem­po il 62 per cen­to dei cine­si ritie­ne bene­fi­co sce­glie­re i gior­ni augu­ra­li per com­pier­vi par­ti­co­la­ri atti, il 47 per cen­to cre­de nell’efficacia sopran­na­tu­ra­le del “feng­shui”, cioè del dispor­re con un par­ti­co­la­re ordi­ne armo­ni­co gli ogget­ti, il 33 per cen­to dice di cre­de­re in Buddha o in un Bodhisattva, il 26 per cen­to dice di bru­cia­re incen­so a divi­ni­tà dei cul­ti popo­la­ri e il 18 per cen­to affer­ma di con­fi­da­re in divi­ni­tà taoi­ste.

Al par­ti­to comu­ni­sta è iscrit­to un cine­se su cin­que, in cifre asso­lu­te 281 milio­ni di cit­ta­di­ni. È un par­ti­to che per prin­ci­pio pro­muo­ve l’ateismo e sco­rag­gia la pra­ti­ca reli­gio­sa. E infat­ti nes­su­no dei suoi tes­se­ra­ti dichia­ra di appar­te­ne­re a una del­la cin­que reli­gio­ni uffi­cial­men­te rico­no­sciu­te: bud­di­smo, cat­to­li­ce­si­mo, islam, pro­te­stan­te­si­mo e taoi­smo.

Però si tol­le­ra che mol­ti iscrit­ti al par­ti­to visi­ti­no occa­sio­nal­men­te dei tem­pli, oppu­re pra­ti­chi­no dei cul­ti tra­di­zio­na­li, pena l’espulsione se lo fan­no trop­po fre­quen­te­men­te e visi­bil­men­te.

Mentre le chie­se e i luo­ghi di pre­ghie­ra cri­stia­ni sono sot­to­po­sti a fer­rei con­trol­li e non pochi vesco­vi sono agli arre­sti, men­tre più di un milio­ne di musul­ma­ni del­lo Xinjiang sono dete­nu­ti in cam­pi di rie­du­ca­zio­ne, i tem­pli taoi­sti sono cre­sciu­ti in die­ci anni da 3 mila a 9 mila e i tem­pli bud­di­sti da 20 mila a 33 mila 500.

Non han­no avu­to una pari cre­sci­ta, però, i mona­ci e le mona­che addet­ti a que­sti tem­pli. Il divie­to asso­lu­to di dare una for­ma­zio­ne reli­gio­sa ai mino­ri di 18 anni ren­de arduo il pas­sag­gio del­la vita mona­sti­ca da una gene­ra­zio­ne all’altra.

A favo­ri­re l’afflusso nei più cele­bri luo­ghi sacri del bud­di­smo, come sul mon­te Jiuhua, o del taoi­smo, come sul mon­te Wudang, oggi con più di 10 milio­ni di visi­ta­to­ri annui cia­scu­no, è anche l’aumento tra­vol­gen­te del turi­smo inter­no alla Cina.

I più sono sem­pli­ci visi­ta­to­ri. Ma non sono pochi nem­me­no quel­li che bru­cia­no incen­so nei tem­pli o dico­no di recar­si lì per impe­tra­re buo­na for­tu­na.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
Ma di Settimo Cielo è con­sul­ta­bi­le anche l’intero archi­vio, anno per anno e in più lin­gue:
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