Dire bene di ciò che è male? Liberi pensieri di un filosofo su “Fiducia supplicans”

(s.m.) Ricevo e pub­bli­co. L’autore del­la nota, Thibaud Collin, è pro­fes­so­re di filo­so­fia a Parigi e ha pub­bli­ca­to sag­gi impor­tan­ti sul­la cri­si con­tem­po­ra­nea del matri­mo­nio.

Il “woki­smo” al qua­le egli si richia­ma è l’odierna onda­ta di ripul­sa di tut­to ciò che è visto deri­va­re da pas­sa­te discri­mi­na­zio­ni. Nella Chiesa, è la ragio­ne natu­ra­le demo­li­ta da una nuo­va e con­trad­dit­to­ria reli­gio­ne dell’inclusione, nel nome del­la mise­ri­cor­dia.

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UN “WOKISMO” ECCLESIALE

di Thibaud Collin

Josef Ratzinger non ha mai smes­so di ricor­da­re che la Chiesa pri­mi­ti­va fece la scel­ta, da un lato, del­la ragio­ne alla ricer­ca del­la sag­gez­za con­tro il mito e, dal­l’al­tro, del­la natu­ra, ogget­to d’interrogazione del­la ragio­ne con­tro la con­sue­tu­di­ne allo­ra domi­nan­te. Questa scel­ta ori­gi­na­le sug­gel­lò il dive­ni­re dell’intelligenza del­la fede e fon­dò gli stret­ti lega­mi che uni­sco­no la teo­lo­gia e la filo­so­fia.

La let­tu­ra di “Fiducia sup­pli­cans” sol­le­va inter­ro­ga­ti­vi nel­lo spi­ri­to del let­to­re filo­so­fo. Come dice Boileau ne “L’arte poe­ti­ca” (1674) “ciò che si con­ce­pi­sce bene si enun­cia con chia­rez­za e le paro­le per dir­lo ven­go­no facil­men­te”. Ma una let­tu­ra atten­ta del­la dichia­ra­zio­ne del 18 dicem­bre e del comu­ni­ca­to stam­pa del 4 gen­na­io 2024 non con­sen­te di scio­glie­re alcu­ne con­fu­sio­ni. Le osser­va­zio­ni che seguo­no non han­no altro sco­po che quel­lo di con­tri­bui­re alla com­pren­sio­ne di que­sto testo.

La doman­da cen­tra­le ci sem­bra esse­re: a chi Dio deve dare la sua bene­di­zio­ne quan­do il sacer­do­te la invo­ca sul­le per­so­ne che glie­la chie­do­no?

Fino al para­gra­fo 30 com­pre­so, la dichia­ra­zio­ne, dopo aver distin­to dif­fe­ren­ti tipi di bene­di­zio­ne, con­si­de­ra come sog­get­ti recet­to­ri del­la bene­di­zio­ne gli indi­vi­dui. Poi all’im­prov­vi­so nel para­gra­fo 31 affer­ma che que­ste distin­zio­ni fon­da­no la pos­si­bi­li­tà di “bene­di­re le cop­pie in situa­zio­ni irre­go­la­ri e le cop­pie del­lo stes­so ses­so”. Questo pas­sag­gio dal­l’in­di­vi­duo alla cop­pia non è giu­sti­fi­ca­to anche se è il cuo­re del testo, tut­ti ammet­ten­do che Dio può bene­di­re una per­so­na uma­na in quan­to tale.

La dichia­ra­zio­ne affer­ma quin­di che il sog­get­to recet­to­re di una bene­di­zio­ne, anche se infor­ma­le ed effet­tua­ta in die­ci secon­di, può esse­re “una cop­pia irre­go­la­re” o “una cop­pia del­lo stes­so ses­so”. Ma bene­di­re una cop­pia è la stes­sa cosa che bene­di­re due indi­vi­dui? Il che fa sor­ge­re la doman­da: che cosa fa sì che una cop­pia sia una cop­pia?

Una cop­pia è un tut­to che è più del­la som­ma del­le sue par­ti, cioè dei due indi­vi­dui. È un’en­ti­tà che ha una con­si­sten­za pro­pria, un esse­re rela­zio­na­le distin­to dai due ter­mi­ni in rela­zio­ne. Qual è il fon­da­men­to di que­sto esse­re se non la scel­ta reci­pro­ca con la qua­le que­sti due indi­vi­dui accon­sen­to­no insie­me allo stes­so lega­me che li lega? In bre­ve, nel dirit­to natu­ra­le ciò che costi­tui­sce una cop­pia è il matri­mo­nio.

Il matri­mo­nio è un’i­sti­tu­zio­ne irri­du­ci­bi­le a una sem­pli­ce rela­zio­ne di inter­sog­get­ti­vi­tà per­ché i due coniu­gi assu­mo­no un lega­me ogget­ti­vo che la natu­ra uma­na, la socie­tà e ulti­ma­men­te Dio offro­no loro. I due indi­vi­dui si impe­gna­no l’uno con l’altro in quan­to uomo e don­na e la loro allean­za è poten­zial­men­te il luo­go del­la venu­ta all’essere di un ter­zo, il figlio. La nozio­ne di cop­pia con­no­ta quin­di in essa stes­sa la coniu­ga­li­tà che, ricor­dia­mo­lo, ha come radi­ce il gio­go, stru­men­to distin­to dai due buoi che lega insie­me. Parlare, quin­di, di “cop­pia irre­go­la­re” o di “cop­pia del­lo stes­so ses­so” è cari­co di signi­fi­ca­to per­ché un tale lin­guag­gio rico­no­sce, alme­no impli­ci­ta­men­te, che la rela­zio­ne tra que­sti due indi­vi­dui par­te­ci­pa ana­lo­gi­ca­men­te all’ordine del­la coniu­ga­li­tà. Questa è la logi­ca seco­la­re di alcu­ne legi­sla­zio­ni civi­li che con­si­de­ra­no il matri­mo­nio come dis­so­lu­bi­le e ses­sual­men­te indif­fe­ren­zia­to. Certo non è la logi­ca cat­to­li­ca riaf­fer­ma­ta nei para­gra­fi 4 e 11 del­la dichia­ra­zio­ne.

Ma come leg­ge­re a rigo­re di logi­ca il para­gra­fo 31 dopo le affer­ma­zio­ni dei para­gra­fi 4 e 11? Utilizzare la nozio­ne di cop­pia per desi­gna­re la rela­zio­ne tra due indi­vi­dui non spo­sa­ti basta a signi­fi­ca­re che la Chiesa rico­no­sce ormai che la rela­zio­ne ses­sua­le è di per sé suf­fi­cien­te affin­ché que­sti due indi­vi­dui for­mi­no un’en­ti­tà a sé stan­te, capa­ce di esse­re il sog­get­to recet­to­re di una bene­di­zio­ne di Dio? E può Dio bene­di­re una rela­zio­ne che for­ma una “cop­pia” il cui ele­men­to costi­tu­ti­vo è in con­trad­di­zio­ne con il suo dise­gno di sapien­za e di amo­re ver­so gli esse­ri uma­ni?

A que­sta doman­da il para­gra­fo 31 sem­bra rispon­de­re dicen­do che Dio bene­di­ce “tut­to ciò che di vero di buo­no e di uma­na­men­te vali­do è pre­sen­te nel­la loro vita e rela­zio­ni”. Ma chi non vede che bene­di­re ciò che è buo­no in una rela­zio­ne non signi­fi­ca bene­di­re la rela­zio­ne stes­sa? Eppure la dichia­ra­zio­ne affer­ma che è la cop­pia stes­sa che può esse­re bene­det­ta da Dio. Il testo pas­sa dal­l’in­di­vi­duo alla cop­pia come sog­get­to recet­to­re gra­zie agli ele­men­ti posi­ti­vi che sono impli­ca­ti nel­la rela­zio­ne. Dio non bene­di­reb­be i loro rap­por­ti ses­sua­li con­tra­ri alla sua sapien­te volon­tà, ma i beni auten­ti­ci che sono vis­su­ti e con­di­vi­si. Dio bene­di­reb­be il loro rap­por­to in quan­to è un’amicizia, un rap­por­to in cui cia­scun ami­co è apprez­za­to dal­l’al­tro nel suo stes­so valo­re di per­so­na e mai ridot­to ai suoi valo­ri ses­sua­li.

Dovremmo dun­que con­clu­de­re che con que­sta dichia­ra­zio­ne la Chiesa inse­gna ormai che ogni ami­ci­zia crea una cop­pia, men­tre fino­ra “esse­re in cop­pia” era un’e­spres­sio­ne rife­ri­ta a un lega­me esclu­si­vo dif­fe­ren­te dai lega­mi di ami­ci­zia? Ciò sem­bre­reb­be impro­ba­bi­le. Il signi­fi­ca­to del­le paro­le resi­ste quin­di ai nostri inter­ro­ga­ti­vi e ci por­ta a for­mu­la­re un’i­po­te­si inter­pre­ta­ti­va per coglie­re la com­pren­sio­ne del testo.

Come l’apertura del matri­mo­nio civi­le a per­so­ne del­lo stes­so ses­so ha modi­fi­ca­to la natu­ra stes­sa del matri­mo­nio, così la pos­si­bi­li­tà di bene­di­re “cop­pie irre­go­la­ri” o “del­lo stes­so ses­so” cam­bia la natu­ra del­la bene­di­zio­ne. Come si chia­me­reb­be allo­ra que­sta nuo­va bene­di­zio­ne? La nostra ipo­te­si è che diven­ti sino­ni­mo di rico­no­sci­men­to, inten­den­do con que­sto ter­mi­ne tut­to il cari­co seman­ti­co che le “mino­ran­ze discri­mi­na­te e risve­glia­te” han­no inve­sti­to in quel­la che chia­mia­mo “la poli­ti­ca del rico­no­sci­men­to”. Offrendo la pos­si­bi­li­tà di esse­re bene­det­ti in quan­to “cop­pia”, “Fiducia sup­pli­cans” vuo­le dimo­stra­re a que­ste per­so­ne sof­fe­ren­ti che sono ama­te da Dio. Qualificando la loro rela­zio­ne come “cop­pia”, auto­riz­za i sacer­do­ti a uti­liz­za­re la loro media­zio­ne sacer­do­ta­le per attri­bui­re “de fac­to” una cer­ta legit­ti­mi­tà alla loro situa­zio­ne rela­zio­na­le.

Se così non fos­se, sareb­be basta­to dire che il sacer­do­te può bene­di­re ogni indi­vi­duo e non ci sareb­be sta­to biso­gno di inven­ta­re un nuo­vo tipo di bene­di­zio­ne. Il testo affer­ma che men­tre la bene­di­zio­ne litur­gi­ca esi­ge che ciò che è bene­det­to sia “con­for­me alla volon­tà di Dio” (para­gra­fo 9), la “sem­pli­ce bene­di­zio­ne” non esi­ge che vi sia­no “con­di­zio­ni mora­li” pre­vie. È noto che il Rituale Romano offre già nume­ro­se bene­di­zio­ni che non esi­go­no le stes­se dispo­si­zio­ni indi­vi­dua­li pre­vi­ste per la rice­zio­ne dei sacra­men­ti. Dobbiamo quin­di con­si­de­ra­re che l’espressione “con­di­zio­ni mora­li” desi­gna qui situa­zio­ni rela­zio­na­li (e non indi­vi­dua­li) con­tra­rie alla volon­tà di Dio. Il nuo­vo tipo di bene­di­zio­ne è pen­sa­to come un gesto pasto­ra­le inte­so a signi­fi­ca­re “la for­za incon­di­zio­na­ta dell’amore di Dio” (para­gra­fo 12).

Poniamoci allo­ra la doman­da su cosa pre­sup­po­ne qui il testo. Qual è il tipo di bene­di­zio­ne che mani­fe­sta mag­gior­men­te l’a­mo­re incon­di­zio­na­to di Dio: la bene­di­zio­ne con­di­zio­na­ta (litur­gi­ca) o la bene­di­zio­ne incon­di­zio­na­ta (spon­ta­nea)? La rispo­sta è nel­la doman­da! La bene­di­zio­ne litur­gi­ca discri­mi­na? Sì, ma non sono le per­so­ne ad esse­re discri­mi­na­te ben­sì le situa­zio­ni rela­zio­na­li, alcu­ne del­le qua­li pos­so­no esse­re bene­det­te da Dio per­ché con­for­mi alla sua volon­tà e altre no per­ché gli sono con­tra­rie. Quindi il cri­te­rio per distin­gue­re i due tipi di bene­di­zio­ne è che la bene­di­zio­ne litur­gi­ca discri­mi­na le “cop­pie irre­go­la­ri” e le “cop­pie del­lo stes­so ses­so”, men­tre la nuo­va bene­di­zio­ne non le discri­mi­na.

Si trat­te­reb­be quin­di del­la mani­fe­sta­zio­ne di una volon­tà eccle­sia­le di “inclu­sio­ne” (para­gra­fo 19) che il testo giu­sti­fi­ca come mani­fe­sta­zio­ne dell’infinita mise­ri­cor­dia di Dio. Così Dio sareb­be “inclu­si­vo” quan­do bene­di­ce spon­ta­nea­men­te e non litur­gi­ca­men­te tut­te le “cop­pie”, men­tre colo­ro che rifiu­tas­se­ro di bene­di­re alcu­ne “cop­pie” sareb­be­ro “giu­di­ci che solo nega­no, respin­go­no, esclu­do­no” (para­gra­fo 13). La logi­ca inclu­si­va che rifiu­ta di dif­fe­ren­zia­re pro­muo­ve una indif­fe­ren­zia­zio­ne seman­ti­ca del ter­mi­ne cop­pia. La logi­ca litur­gi­ca e dog­ma­ti­ca inve­ce distin­gue; e in que­sta veste vie­ne pre­sen­ta­ta nel testo come se mani­fe­stas­se meno la bon­tà di Dio. Ma allo­ra che cosa vuo­le Dio? Può vole­re con una mano ciò che rifiu­ta con l’al­tra? Può Dio par­la­re bene di ciò che con­trad­di­ce il suo dise­gno sapien­te e bene­vo­lo?

Come usci­re da que­sta con­trad­di­zio­ne? Lo si può fare sia negan­do che Dio pos­sa voler bene­di­re “cop­pie irre­go­la­ri” e “cop­pie del­lo stes­so ses­so” in quan­to tali, sia rimet­ten­do in discus­sio­ne le fon­da­men­ta su cui si è basa­ta fino­ra la Chiesa per affer­ma­re che Dio non può voler bene­di­re tali “cop­pie”.

Di qui la doman­da capi­ta­le: in che misu­ra la dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans” deco­strui­sce impli­ci­ta­men­te la dot­tri­na mora­le e antro­po­lo­gi­ca fon­dan­te la pra­ti­ca del­le bene­di­zio­ni? Se così fos­se, essa fareb­be sua un’altra logi­ca, quel­la dell’inclusione, giu­sti­fi­ca­ta in nome di una pasto­ra­le pre­sen­ta­ta come più ade­gua­ta alla mise­ri­cor­dia divi­na.

Questa nuo­va pasto­ra­le sareb­be la for­ma eccle­sia­le del “woki­smo”, per­ché gene­re­reb­be “de fac­to” una deco­stru­zio­ne di ciò che le si oppo­ne: l’or­di­ne natu­ra­le uma­no fino­ra assun­to dal­la dot­tri­na cat­to­li­ca e giu­di­ca­to oggi discri­mi­na­to­rio dal­lo spi­ri­to del mon­do.

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POST SCRIPTUM – Il com­men­to di Stefano Fontana ai “libe­ri pen­sie­ri” di Thibaud Collin:

> “Fiducia sup­pli­cans” e il “woki­smo” appli­ca­to alla Chiesa

Stefano Fontana è diret­to­re dell’Osserrvatorio inter­na­zio­ne­le Cardinale Van Thuan sul­la dot­tri­na sio­cia­le del­la Chiesa.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
Ma di Settimo Cielo è con­sul­ta­bi­le anche l’intero archi­vio, anno per anno e in più lin­gue:
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