Ogni religione vale l’altra, l’ha detto il papa

“Understood?”, “Capito?”, ha chie­sto a un cer­to pun­to in ingle­se papa Francesco ai gio­va­ni di varie reli­gio­ni che l’attorniavano, il 13 set­tem­bre a Singapore, nell’ultima tap­pa del suo recen­te viag­gio in Asia e Oceania (vedi foto).

La rispo­sta (al minu­to 44’42” del­la video­re­gi­stra­zio­ne vati­ca­na) è sta­to un insie­me di risa­te e di applau­si, come se aves­se­ro gra­di­to quan­to ave­va det­to, ma sen­za pren­der­lo trop­po sul serio.

E che cosa ave­va det­to subi­to pri­ma il papa, in ita­lia­no tra­dot­to in ingle­se fra­se per fra­se? Ecco la tra­scri­zio­ne del­le sue paro­le, entra­te negli atti uffi­cia­li del suo pon­ti­fi­ca­to:

“Una del­le cose che più mi ha col­pi­to di voi gio­va­ni, di voi qui, è la capa­ci­tà del dia­lo­go inter­re­li­gio­so. E que­sto è mol­to impor­tan­te, per­ché se voi inco­min­cia­te a liti­ga­re: ‘La mia reli­gio­ne è più impor­tan­te del­la tua…’, ‘La mia è quel­la vera, la tua non è vera…’. Dove por­ta tut­to que­sto? Dove? Qualcuno rispon­da, dove? [Qualcuno rispon­de: ‘Alla distru­zio­ne’]. È così. Tutte le reli­gio­ni sono un cam­mi­no per arri­va­re a Dio. Sono – fac­cio un para­go­ne – come diver­se lin­gue, diver­si idio­mi, per arri­va­re lì. Ma Dio è Dio per tut­ti. E poi­ché Dio è Dio per tut­ti, noi sia­mo tut­ti figli di Dio. ‘Ma il mio Dio è più impor­tan­te del tuo!’. È vero que­sto? C’è un solo Dio, e noi, le nostre reli­gio­ni sono lin­gue, cam­mi­ni per arri­va­re a Dio. Qualcuno sikh, qual­cu­no musul­ma­no, qual­cu­no indù, qual­cu­no cri­stia­no, ma sono diver­si cam­mi­ni. Understood?”.

Sono pas­sa­ti una deci­na di gior­ni da quan­do Francesco ha det­to tali cose, eppu­re non è suc­ces­so nul­la, come se anche den­tro la Chiesa nes­su­no pren­da più sul serio le sue paro­le, for­se nel­la spe­ran­za che “ciò che ha det­to non sia esat­ta­men­te ciò che inten­de­va”, come ha scrit­to su “First Things” l’arcivescovo eme­ri­to di Philadelphia Charles Chaput.

Quando inve­ce, sol­tan­to pochi decen­ni fa, le tesi for­mu­la­te a Singapore da Francesco accen­de­va­no nel­la Chiesa uno degli scon­tri più radi­ca­li sull’identità stes­sa del­la fede cri­stia­na, scon­tro tron­ca­to – ma evi­den­te­men­te non risol­to – dal­la dichia­ra­zio­ne “Dominus Iesus” emes­sa nell’agosto del 2000 dal­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede pre­sie­du­ta da Joseph Ratzinger, in pie­no e pub­bli­co accor­do con l’allora papa Giovanni Paolo II.

Per capi­re la gra­vi­tà del­la posta in gio­co, è uti­le rileg­ge­re che cosa dis­se un car­di­na­le e teo­lo­go di valo­re come Giacomo Biffi ai col­le­ghi car­di­na­li alla vigi­lia del con­cla­ve del 2005 che avreb­be elet­to papa Ratzinger:

“Vorrei segna­la­re al nuo­vo papa la vicen­da incre­di­bi­le del­la ‘Dominus Iesus’. Che Gesù sia l’unico neces­sa­rio sal­va­to­re di tut­ti è una veri­tà che in ven­ti seco­li – a par­ti­re dal discor­so di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sen­ti­to la neces­si­tà di richia­ma­re. Questa veri­tà è, per così dire, il gra­do mini­mo del­la fede; è la cer­tez­za pri­mor­dia­le, è tra i cre­den­ti il dato sem­pli­ce e più essen­zia­le. In due­mi­la anni non è sta­ta mai posta in dub­bio, nep­pu­re duran­te la cri­si aria­na e nep­pu­re in occa­sio­ne del dera­glia­men­to del­la Riforma pro­te­stan­te. L’averla dovu­ta ricor­da­re ai nostri gior­ni ci dà la misu­ra del­la gra­vi­tà del­la situa­zio­ne odier­na”.

Ma leg­gia­mo ciò che scri­ve la “Dominus Iesus”. Il peri­co­lo al qua­le inten­de­va rea­gi­re era il “rela­ti­vi­smo”, il con­si­de­ra­re tut­te le reli­gio­ni alla pari, con la con­se­guen­za di svuo­ta­re di sen­so anche la mis­sio­ne evan­ge­liz­za­tri­ce:

“Il peren­ne annun­cio mis­sio­na­rio del­la Chiesa vie­ne oggi mes­so in peri­co­lo da teo­rie di tipo rela­ti­vi­sti­co, che inten­do­no giu­sti­fi­ca­re il plu­ra­li­smo reli­gio­so non solo ‘de fac­to’ ma anche ‘de iure’ o di prin­ci­pio”.

Un rela­ti­vi­smo che fa rite­ne­re supe­ra­te “veri­tà come l’unicità e l’u­ni­ver­sa­li­tà sal­vi­fi­ca del miste­ro di Gesù Cristo”, pro­fes­sa­te fer­mis­si­ma­men­te fin dall’età apo­sto­li­ca.

Da Pietro:

“Nel suo discor­so davan­ti al sine­drio, Pietro, per giu­sti­fi­ca­re la gua­ri­gio­ne del­l’uo­mo stor­pio fin dal­la nasci­ta, avve­nu­ta nel nome di Gesù, pro­cla­ma: ‘In nes­sun altro c’è sal­vez­za; non vi è infat­ti altro nome dato agli uomi­ni sot­to il cie­lo nel qua­le dob­bia­mo esse­re sal­va­ti’ (Atti 4,12)”.

Da Paolo:

“Paolo, rivol­gen­do­si alla comu­ni­tà di Corinto, scri­ve: ‘In real­tà anche se ci sono cosid­det­ti dèi sia nel cie­lo sia sul­la ter­ra, e difat­ti ci sono mol­ti dèi e signo­ri, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal qua­le tut­to pro­vie­ne, e noi sia­mo per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, in vir­tù del qua­le esi­sto­no tut­te le cose e noi esi­stia­mo gra­zie a lui’ (1 Corinzi 8,5–6)”.

Senza che ciò pre­giu­di­chi un dia­lo­go rispet­to­so tra le reli­gio­ni:

“Questa veri­tà di fede nien­te toglie al fat­to che la Chiesa con­si­de­ri le reli­gio­ni del mon­do con sin­ce­ro rispet­to, ma nel con­tem­po esclu­de radi­cal­men­te quel­la men­ta­li­tà indif­fe­ren­ti­sta impron­ta­ta a un rela­ti­vi­smo reli­gio­so che por­ta a rite­ne­re che ‘una reli­gio­ne vale l’al­tra’. […] La pari­tà, che è pre­sup­po­sto del dia­lo­go, si rife­ri­sce alla pari digni­tà per­so­na­le del­le par­ti, non ai con­te­nu­ti dot­tri­na­li né tan­to meno a Gesù Cristo, che è Dio stes­so fat­to Uomo, in con­fron­to con i fon­da­to­ri del­le altre reli­gio­ni”.

La “Dominus Iesus” ebbe un’accoglienza mol­to tri­bo­la­ta. Chi la avver­sa­va die­de cor­po per anni alla fake news che era sta­ta scrit­ta da incom­pe­ten­ti pre­la­ti di second’ordine del­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede, col car­di­na­le Ratzinger e Giovanni Paolo II che li ave­va­no lascia­ti fare per pavi­di­tà ed igna­via, incu­ran­ti di recar dan­no alle aper­tu­re del Concilio Vaticano II e al pro­fe­ti­co “spi­ri­to di Assisi” degli incon­tri inter­re­li­gio­si.

Queste dice­rie anco­ra cor­re­va­no all’inizio del pon­ti­fi­ca­to di Francesco. Al pun­to da indur­re Ratzinger/Benedetto XVI, nel mar­zo del 2014, un anno dopo le sue dimis­sio­ni da papa, a pub­bli­ca­re una nota di chia­ri­fi­ca­zio­ne su come era­no anda­te vera­men­te le cose.

Anzitutto con il rico­no­sci­men­to del “corag­gio del­la veri­tà” di papa Karol Wojtyla:

“Giovanni Paolo II non chie­de­va applau­si, né si è mai guar­da­to intor­no pre­oc­cu­pa­to di come le sue deci­sio­ni sareb­be­ro sta­te accol­te. Egli ha agi­to a par­ti­re dal­la sua fede e dal­le sue con­vin­zio­ni ed era pron­to anche a subi­re dei col­pi. Il corag­gio del­la veri­tà è ai miei occhi un cri­te­rio di pri­m’or­di­ne del­la san­ti­tà”.

E poi con que­sta ine­di­ta rico­stru­zio­ne di quan­to la “Dominus Iesus” fos­se pie­na­men­te con­di­vi­sa da Giovanni Paolo II:

“A fron­te del tur­bi­ne che si era svi­lup­pa­to intor­no alla ‘Dominus Iesus’, Giovanni Paolo II mi dis­se che all’Angelus inten­de­va difen­de­re ine­qui­vo­ca­bil­men­te il docu­men­to. Mi invi­tò a scri­ve­re un testo per l’Angelus che fos­se, per così dire, a tenu­ta sta­gna e non con­sen­tis­se alcu­na inter­pre­ta­zio­ne diver­sa. Doveva emer­ge­re in modo del tut­to ine­qui­vo­ca­bi­le che egli appro­va­va il docu­men­to incon­di­zio­na­ta­men­te.

“Preparai dun­que un bre­ve discor­so; non inten­de­vo, però, esse­re trop­po bru­sco e così cer­cai di espri­mer­mi con chia­rez­za ma sen­za durez­za. Dopo aver­lo let­to, il papa mi chie­se anco­ra una vol­ta: ‘È vera­men­te chia­ro a suf­fi­cien­za?’. Io rispo­si di sì. Ma chi cono­sce i teo­lo­gi non si stu­pi­rà del fat­to che, cio­no­no­stan­te, in segui­to ci fu chi sosten­ne che il papa ave­va pru­den­te­men­te pre­so le distan­ze da quel testo”.

L’Angelus nel qua­le Giovanni Paolo II les­se le fra­si scrit­te per lui da Ratzinger fu quel­lo del 1 otto­bre 2000, due mesi dopo la pub­bli­ca­zio­ne del­la “Dominus Iesus”.

Ed è uti­le rileg­ger­lo:

“Con la dichia­ra­zio­ne ‘Dominus Iesus’ – ‘Gesù è il Signore’ – appro­va­ta da me in for­ma spe­cia­le, ho volu­to invi­ta­re tut­ti i cri­stia­ni a rin­no­va­re la loro ade­sio­ne a Lui nel­la gio­ia del­la fede, testi­mo­nian­do una­ni­me­men­te che Egli è, anche oggi e doma­ni, ‘la via, la veri­tà e la vita’ (Gv 14,6). La nostra con­fes­sio­ne di Cristo come uni­co Figlio, median­te il qua­le noi stes­si vedia­mo il vol­to del Padre (cfr Gv 14,8), non è arro­gan­za che disprez­za le altre reli­gio­ni, ma gio­io­sa rico­no­scen­za per­ché Cristo si è mostra­to a noi sen­za alcun meri­to da par­te nostra. Ed Egli, nel­lo stes­so tem­po, ci ha impe­gna­ti a con­ti­nua­re a dona­re ciò che abbia­mo rice­vu­to e anche a comu­ni­ca­re agli altri ciò che ci è sta­to dona­to, per­ché la veri­tà dona­ta e l’amore che è Dio appar­ten­go­no a tut­ti gli uomi­ni.

“Con l’apostolo Pietro noi con­fes­sia­mo ‘che in nes­sun altro nome c’è sal­vez­za’ (Atti 4,12). La dichia­ra­zio­ne ‘Dominus Iesus’, sul­le trac­ce del Vaticano II, mostra che con ciò non vie­ne nega­ta la sal­vez­za ai non cri­stia­ni, ma se ne addi­ta la sca­tu­ri­gi­ne ulti­ma in Cristo, nel qua­le sono uni­ti Dio e uomo. Dio dona la luce a tut­ti in modo ade­gua­to alla loro situa­zio­ne inte­rio­re e ambien­ta­le, con­ce­den­do loro la gra­zia sal­vi­fi­ca attra­ver­so vie a lui note (cfr ‘Dominus Iesus’, VI, 20–21). Il docu­men­to chia­ri­sce gli ele­men­ti cri­stia­ni essen­zia­li, che non osta­co­la­no il dia­lo­go, ma mostra­no le sue basi, per­ché un dia­lo­go sen­za fon­da­men­ti sareb­be desti­na­to a dege­ne­ra­re in vuo­ta ver­bo­si­tà.

“Lo stes­so vale anche per la que­stio­ne ecu­me­ni­ca. Se il docu­men­to, con il Vaticano II, dichia­ra che ‘l’unica Chiesa di Cristo sus­si­ste nel­la Chiesa cat­to­li­ca’, non inten­de con ciò espri­me­re poca con­si­de­ra­zio­ne per le altre Chiese e comu­ni­tà eccle­sia­li. Questa con­vin­zio­ne s’accompagna alla con­sa­pe­vo­lez­za che ciò non è meri­to uma­no, ma un segno del­la fedel­tà di Dio che è più for­te del­le debo­lez­ze uma­ne e dei pec­ca­ti, con­fes­sa­ti da noi in modo solen­ne davan­ti a Dio e agli uomi­ni all’i­ni­zio del­la Quaresima. La Chiesa Cattolica sof­fre – come dice il docu­men­to – per il fat­to che vere Chiese par­ti­co­la­ri e comu­ni­tà eccle­sia­li con ele­men­ti pre­zio­si di sal­vez­za sia­no sepa­ra­te da lei.

“Il docu­men­to espri­me così anco­ra una vol­ta la stes­sa pas­sio­ne ecu­me­ni­ca che è alla base del­la mia enci­cli­ca ‘Ut unum sint’. È mia spe­ran­za che que­sta dichia­ra­zio­ne che mi sta a cuo­re, dopo tan­te inter­pre­ta­zio­ni sba­glia­te, pos­sa svol­ge­re final­men­te la sua fun­zio­ne chia­ri­fi­ca­tri­ce e nel­lo stes­so tem­po di aper­tu­ra”.

*

Tornando alle paro­le det­te da papa Francesco ai gio­va­ni di Singapore, è pale­se quan­to sia abis­sa­le la distan­za che le divi­de dall’insegnamento del­la “Dominus Iesus” e dei due papi che l’hanno pre­ce­du­to sul­la cat­te­dra di Pietro.

Ma la distan­za si fa ancor più dram­ma­ti­ca se quel­le paro­le sono mes­se a con­fron­to con le ragio­ni d’essere del­la Chiesa di sem­pre e con “la prio­ri­tà supre­ma e fon­da­men­ta­le del­la Chiesa e del suc­ces­so­re di Pietro in que­sto tem­po”, mes­se in luce da Benedetto XVI in que­sto memo­ra­bi­le pas­sag­gio del­la sua let­te­ra ai vesco­vi di tut­to il mon­do del 10 mar­zo 2009:

“Nel nostro tem­po in cui in vaste zone del­la ter­ra la fede è nel peri­co­lo di spe­gner­si come una fiam­ma che non tro­va più nutri­men­to, la prio­ri­tà che sta al di sopra di tut­te è di ren­de­re Dio pre­sen­te in que­sto mon­do e di apri­re agli uomi­ni l’accesso a Dio. Non ad un qual­sia­si dio, ma a quel Dio che ha par­la­to sul Sinai; a quel Dio il cui vol­to rico­no­scia­mo nell’amore spin­to sino alla fine (cfr Gv 13, 1), in Gesù Cristo cro­ci­fis­so e risor­to.

“Il vero pro­ble­ma in que­sto nostro momen­to del­la sto­ria è che Dio spa­ri­sce dall’orizzonte degli uomi­ni e che con lo spe­gner­si del­la luce pro­ve­nien­te da Dio l’umanità vie­ne col­ta dal­la man­can­za di orien­ta­men­to, i cui effet­ti distrut­ti­vi ci si mani­fe­sta­no sem­pre di più. Condurre gli uomi­ni ver­so Dio, ver­so il Dio che par­la nel­la Bibbia: que­sta è la prio­ri­tà supre­ma e fon­da­men­ta­le del­la Chiesa e del suc­ces­so­re di Pietro in que­sto tem­po”.

Si può inol­tre nota­re che papa Francesco è anda­to a dire quel­le sue paro­le pro­prio in una del­le poche regio­ni del mon­do dove l’espansione mis­sio­na­ria del­la Chiesa cat­to­li­ca è più viva­ce, sen­za avve­der­si che col met­te­re tut­te le reli­gio­ni alla pari svuo­ta­va di sen­so il man­da­to di Gesù risor­to di fare “disce­po­li tut­ti i popo­li” (Matteo 28,18–20).

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Sandro Magister è sta­to fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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