Nel prossimo Sinodo sarà l’Africa a fare blocco contro i novatori. E il cardinale Sarah detta le linee guida

(s.m.) Nella pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo mon­dia­le dei vesco­vi, con­vo­ca­ta da papa Francesco a Roma per otto­bre, saran­no i vesco­vi afri­ca­ni i più deci­si a fare bloc­co con­tro le inno­va­zio­ni pro­pu­gna­te da cer­ti epi­sco­pa­ti del Nord: dia­co­na­to fem­mi­ni­le, pre­ti spo­sa­ti, nuo­va mora­le ses­sua­le. Esattamente come già è venu­ta dall’Africa la più com­pat­ta resi­sten­za alla bene­di­zio­ne del­le cop­pie del­lo stes­so ses­so, auto­riz­za­ta dal­la dichia­ra­zio­ne vati­ca­na “Fiducia sup­pli­cans” del­lo scor­so dicem­bre.

A pre­ve­de­re que­sta bat­ta­glia cam­pa­le dei vesco­vi afri­ca­ni “in dife­sa del­la fede con­tro i fau­to­ri del rela­ti­vi­smo cul­tu­ra­le”, anzi, a ispi­rar­la e a det­tar­ne le linee gui­da è un auto­re­vo­le car­di­na­le anche lui d’Africa, Robert Sarah, già cri­ti­co seve­ro di “Fiducia sup­pli­cans”. È in visi­ta in Camerun da una deci­na di gior­ni (vedi foto) e ieri mat­ti­na, mar­te­dì 9 apri­le, ha tenu­to ai cir­ca tren­ta vesco­vi di quel Paese, nel­la sede del­la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le a Mvolyé, sul col­le che sovra­sta la capi­ta­le Yaoundé, l’impegnativo discor­so pro­gram­ma­ti­co ripro­dot­to qui sot­to nel suoi pas­sag­gi salien­ti.

Da Roma, dal­la cer­chia del papa e in par­ti­co­la­re dal car­di­na­le argen­ti­no Victor Manuel Fernández, pre­fet­to del dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede e pri­mo fir­ma­ta­rio di “Fiducia sup­pli­cans”, si giu­di­ca la resi­sten­za dei vesco­vi afri­ca­ni alle inno­va­zio­ni come il por­ta­to di una loro arre­tra­tez­za cul­tu­ra­le, già poco ele­gan­te­men­te mes­sa alla ber­li­na nel 2014, in occa­sio­ne del Sinodo sul­la fami­glia, dal car­di­na­le Walter Kasper, all’epoca il teo­lo­go euro­peo più nel­le gra­zie di papa Jorge Mario Bergoglio.

Nei pros­si­mi gior­ni il car­di­na­le Sarah sarà in Guinea, dove è nato 78 anni fa e dove è sta­to par­ro­co in un vil­lag­gio del­la sava­na e poi vesco­vo a Conakry, la capi­ta­le, difen­so­re indo­mi­to del­la liber­tà reli­gio­sa e civi­le in anni di spie­ta­ta dit­ta­tu­ra, anche a rischio del­la vita.

Forte di stu­di teo­lo­gi­ci a Roma e bibli­ci a Gerusalemme, fu chia­ma­to in Vaticano nel 2001 da Giovanni Paolo II come segre­ta­rio del­la con­gre­ga­zio­ne per l’evangelizzazione dei popo­li. Nel 2010 fu crea­to car­di­na­le da Benedetto XVI, che lo vol­le pre­si­den­te del pon­ti­fi­cio con­si­glio “Cor Unum”, a soste­gno dei popo­li sof­fe­ren­ti. Il 23 novem­bre 2014 Francesco lo nomi­nò pre­fet­to del­la con­gre­ga­zio­ne per il cul­to divi­no e la disci­pli­na dei sacra­men­ti, inca­ri­co da cui fu con­ge­da­to il 20 feb­bra­io 2021.

È auto­re di libri let­ti in più lin­gue, dal for­te impat­to spi­ri­tua­le, come si può nota­re anche nel­la par­te con­clu­si­va di que­sto suo discor­so, con­tro “l’ateismo flui­do” che per­va­de la socie­tà d’oggi e insi­dia anche la Chiesa.

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I vescovi d’Africa, i difensori dell’unità della fede

di Robert Sarah

Cari fra­tel­li vesco­vi del Camerun, nel­la vostra corag­gio­sa e pro­fe­ti­ca dichia­ra­zio­ne del 21 dicem­bre sul tema del­l’o­mo­ses­sua­li­tà e del­la bene­di­zio­ne del­le “cop­pie omo­ses­sua­li”, richia­man­do la dot­tri­na cat­to­li­ca su que­sto tema, ave­te ser­vi­to gran­de­men­te e pro­fon­da­men­te l’u­ni­tà del­la Chiesa. Avete com­piu­to un’o­pe­ra di cari­tà pasto­ra­le ricor­dan­do la veri­tà. […]

Alcuni, in Occidente, han­no volu­to far cre­de­re che voi abbia­te agi­to nel nome di un par­ti­co­la­ri­smo cul­tu­ra­le afri­ca­no. È fal­so e ridi­co­lo attri­buir­vi tali pro­po­si­ti! Alcuni han­no affer­ma­to, in una logi­ca di neo­co­lo­nia­li­smo intel­let­tua­le, che gli afri­ca­ni non era­no “anco­ra” pron­ti a bene­di­re le cop­pie omo­ses­sua­li per del­le ragio­ni cul­tu­ra­li. Come se l’Occidente fos­se più avan­ti degli afri­ca­ni arre­tra­ti. No! Voi ave­te par­la­to per tut­ta la Chiesa “nel nome del­la veri­tà del Vangelo e per la digni­tà uma­na e la sal­vez­za di tut­ta l’u­ma­ni­tà in Gesù Cristo”. Avete par­la­to nel nome del­l’u­ni­co Signore, del­l’u­ni­ca fede del­la Chiesa. Quando mai la veri­tà del­la fede, l’in­se­gna­men­to del Vangelo, devo­no esse­re sot­to­mes­si alle cul­tu­re par­ti­co­la­ri? Questa visio­ne di una fede adat­ta­ta alle cul­tu­re rive­la a qual pun­to il rela­ti­vi­smo divi­de e cor­rom­pe l’unità del­la Chiesa.

Cari fra­tel­li vesco­vi, que­sto è un pun­to che esi­ge di esse­re custo­di­to con gran­de vigi­lan­za in vista del­la pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo. Sappiamo che alcu­ni, anche se dico­no il con­tra­rio, si appre­sta­no a pro­pu­gna­re in esso un pro­gram­ma di rifor­me. Tra que­ste c’è l’i­dea distrut­ti­va che la veri­tà del­la fede deb­ba esse­re rece­pi­ta in modo dif­fe­ren­zia­to a secon­da dei luo­ghi, del­le cul­tu­re e dei popo­li.

Questa idea non è che un tra­vi­sa­men­to del­la dit­ta­tu­ra del rela­ti­vi­smo, così for­te­men­te denun­cia­ta da Benedetto XVI. Essa mira a con­sen­ti­re vio­la­zio­ni del­la dot­tri­na e del­la mora­li­tà in deter­mi­na­ti luo­ghi con il pre­te­sto del­l’a­dat­ta­men­to cul­tu­ra­le. Si vor­reb­be­ro per­met­te­re il dia­co­na­to fem­mi­ni­le in Germania, i pre­ti spo­sa­ti in Belgio, la con­fu­sio­ne tra sacer­do­zio ordi­na­to e sacer­do­zio bat­te­si­ma­le in Amazzonia. Alcuni esper­ti teo­lo­gi nomi­na­ti di recen­te non nascon­do­no i loro pro­get­ti. E vi diran­no con fal­sa gen­ti­lez­za: “State tran­quil­li, in Africa, noi non vi impor­re­mo que­sto gene­re di inno­va­zio­ne. Voi non sie­te cul­tu­ral­men­te pron­ti”.

Ma noi, suc­ces­so­ri degli apo­sto­li, sia­mo sta­ti ordi­na­ti non per pro­muo­ve­re e difen­de­re le nostre cul­tu­re, ma l’u­ni­tà uni­ver­sa­le del­la fede! Noi agia­mo, secon­do le vostre paro­le, vesco­vi del Camerun, “nel nome del­la veri­tà del Vangelo e per la digni­tà uma­na e la sal­vez­za di tut­ta l’u­ma­ni­tà in Gesù Cristo”. Questa veri­tà è la stes­sa ovun­que, in Europa come in Africa e negli Stati Uniti. Poiché la digni­tà uma­na è la stes­sa ovun­que.

Sembra che per un miste­rio­so dise­gno del­la prov­vi­den­za sia­no ormai pro­prio gli epi­sco­pa­ti afri­ca­ni i difen­so­ri del­l’u­ni­ver­sa­li­tà del­la fede con­tro i fau­to­ri di una veri­tà fram­men­ta­ta, i difen­so­ri del­l’u­ni­tà del­la fede con­tro i fau­to­ri del rela­ti­vi­smo cul­tu­ra­le. Eppure Gesù è sta­to espli­ci­to nel man­da­to dato agli apo­sto­li: “Andate e fate disce­po­li tut­ti i popo­li, bat­tez­zan­do­li nel nome del Padre e del Figlio e del­lo Spirito Santo, inse­gnan­do loro a osser­va­re tut­to ciò che vi ho coman­da­to” (Mt 28,19–20). È infat­ti a tut­te le nazio­ni che gli apo­sto­li sono sta­ti invia­ti per pre­di­ca­re sia la fede che la mora­le evan­ge­li­ca.

Nella pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo, è essen­zia­le che i vesco­vi afri­ca­ni par­li­no nel nome del­l’u­ni­tà del­la fede e non nel nome di cul­tu­re par­ti­co­la­ri. Nella pre­ce­den­te ses­sio­ne la Chiesa d’Africa ha dife­so con for­za la digni­tà dell’uomo e del­la don­na crea­ti da Dio, ma la sua voce è sta­ta igno­ra­ta e disprez­za­ta da colo­ro la cui uni­ca osses­sio­ne è com­pia­ce­re le lob­by occi­den­ta­li. La Chiesa d’Africa dovrà pre­sto difen­de­re la veri­tà del sacer­do­zio e l’u­ni­tà del­la fede. La Chiesa d’Africa è la voce dei pove­ri, dei sem­pli­ci e dei pic­co­li. A lei spet­ta il com­pi­to di annun­cia­re la Parola di Dio a fron­te dei cri­stia­ni dell’Occidente che, per­ché ric­chi, si cre­do­no evo­lu­ti, moder­ni e sag­gi del­la sag­gez­za del mon­do. Ma “ciò che è stol­tez­za di Dio è più sapien­te degli uomi­ni” (1 Cor 1,25).

Non sor­pren­de quin­di che i vesco­vi dell’Africa nel­la loro pover­tà sia­no oggi gli aral­di di que­sta veri­tà divi­na di fron­te alla poten­za e alla ric­chez­za di cer­ti epi­sco­pa­ti d’Occidente, per­ché “quel­lo che è stol­to per il mon­do, Dio lo ha scel­to per con­fon­de­re i sapien­ti; quel­lo che è debo­le per il mon­do, Dio lo ha scel­to per con­fon­de­re i for­ti; quel­lo che è igno­bi­le e disprez­za­to per il mon­do, quel­lo che è nul­la, Dio lo ha scel­to per ridur­re al nul­la le cose che sono” (1 Cor 1,28).

Ma si avrà il corag­gio di ascol­tar­li nel­la pros­si­ma ses­sio­ne del Sinodo sul­la sino­da­li­tà? Oppure dovrem­mo pen­sa­re che, nono­stan­te le pro­mes­se di ascol­to e di rispet­to, non si ter­rà alcun con­to dei loro ammo­ni­men­ti, come già vedia­mo oggi? Dovremmo pen­sa­re che il Sinodo sarà stru­men­ta­liz­za­to da colo­ro che, sot­to la coper­tu­ra dell’ascolto reci­pro­co e del­la “con­ver­sa­zio­ne nel­lo Spirito”, ser­vo­no un’agenda di rifor­me mon­da­ne? Ogni suc­ces­so­re degli apo­sto­li deve ave­re il corag­gio di pren­de­re sul serio le paro­le di Gesù: “Sia il vostro par­la­re: ‘Sì, sì’, ‘No, no’; il di più vie­ne dal Maligno” (Mt 5,37).

Cari fra­tel­li vesco­vi, a vol­te ci dico­no che non abbia­mo com­pre­so lo spi­ri­to del Concilio Vaticano II che impor­reb­be un nuo­vo approc­cio all’og­get­ti­vi­tà del­la fede. Alcuni ci dico­no che il Vaticano II, sen­za cam­bia­re la fede stes­sa, avreb­be cam­bia­to il rap­por­to con la fede. Ci dico­no che d’o­ra in poi ciò che è più impor­tan­te per un vesco­vo è l’ac­co­glien­za degli indi­vi­dui nel­la loro sog­get­ti­vi­tà piut­to­sto che l’an­nun­cio del con­te­nu­to del mes­sag­gio rive­la­to. Tutto dovreb­be esse­re rela­zio­ne e dia­lo­go e dovrem­mo rele­ga­re in secon­do pia­no la pro­cla­ma­zio­ne del “kéryg­ma” e l’an­nun­cio del­la fede, come se que­ste real­tà fos­se­ro con­tra­rie al bene del­le per­so­ne. […]

Credo che chia­ri­re defi­ni­ti­va­men­te que­sta que­stio­ne sarà un com­pi­to impor­tan­te degli anni a veni­re, e sicu­ra­men­te di un futu­ro pon­ti­fi­ca­to. In veri­tà noi cono­scia­mo già la rispo­sta. Ma il Magistero dovrà inse­gnar­la con una solen­ni­tà defi­ni­ti­va. C’è die­tro tale que­stio­ne una sor­ta di pau­ra psi­co­lo­gi­ca che si è dif­fu­sa in Occidente: la pau­ra di esse­re in con­trad­di­zio­ne con il mon­do. Come dice­va Benedetto XVI: “Nel nostro tem­po, la Chiesa resta un ’segno di con­trad­di­zio­ne’” (Lc 2,34). Non è sen­za ragio­ne che papa Giovanni Paolo II, quan­do era anco­ra car­di­na­le, abbia dato que­sto tito­lo agli eser­ci­zi spi­ri­tua­li pre­di­ca­ti nel 1976 a papa Paolo VI e alla curia roma­na. Il Concilio non pote­va ave­re l’in­ten­zio­ne di abo­li­re que­sta con­trad­di­zio­ne del Vangelo riguar­do ai peri­co­li e agli erro­ri del­l’uo­mo. Anzi, “era sen­z’al­tro suo inten­di­men­to accan­to­na­re con­trad­di­zio­ni erro­nee o super­flue, per pre­sen­ta­re a que­sto nostro mon­do l’e­si­gen­za del Vangelo in tut­ta la sua gran­dez­za e purez­za” (Benedetto XVI, 22 dicem­bre 2005).

Ma nume­ro­si pre­la­ti occi­den­ta­li sono para­liz­za­ti dall’idea di oppor­si al mon­do. Dal mon­do sogna­no di esse­re ama­ti. Hanno per­so la volon­tà di esse­re segno di con­trad­di­zio­ne. Forse una ecces­si­va ric­chez­za mate­ria­le por­ta a scen­de­re a com­pro­mes­si con gli affa­ri del mon­do. La pover­tà è una garan­zia di esse­re libe­ri per Dio. Credo che la Chiesa del nostro tem­po viva la ten­ta­zio­ne del­l’a­tei­smo. Non l’ateismo intel­let­tua­le, ma que­sta con­di­zio­ne di spi­ri­to sot­ti­le e peri­co­lo­sa: l’ateismo flui­do e pra­ti­co. Quest’ultima è una malat­tia peri­co­lo­sa anche se i suoi pri­mi sin­to­mi sem­bra­no beni­gni. […]

Dobbiamo pren­der­ne coscien­za: que­sto atei­smo flui­do scor­re nel­le vene del­la cul­tu­ra con­tem­po­ra­nea. Non dice mai il suo nome ma si infil­tra ovun­que, anche nei discor­si eccle­sia­sti­ci. Il suo pri­mo effet­to è una for­ma di son­no­len­za del­la fede. Anestetizza la nostra capa­ci­tà di rea­gi­re, di rico­no­sce­re l’er­ro­re, il peri­co­lo. Si è dif­fu­so nel­la Chiesa. […]

Che cosa dob­bia­mo fare? Forse vi si dirà che così è fat­to il mon­do e non vi si può sfug­gi­re. Forse vi si dirà che la Chiesa deve adat­tar­si o mori­re. Forse vi si dirà che poi­ché l’essenziale è al sicu­ro biso­gna esse­re fles­si­bi­li sui det­ta­gli. Forse vi si dirà che la veri­tà è teo­ri­ca ma che i casi par­ti­co­la­ri le sfug­go­no. Tante mas­si­me che con­fer­ma­no la gra­ve malat­tia che ci atta­na­glia tut­ti!

Io vor­rei invi­tar­vi piut­to­sto a ragio­na­re diver­sa­men­te. Non dob­bia­mo cede­re alla men­zo­gna! L’essenza dell’ateismo flui­do è la pro­mes­sa di un acco­mo­da­men­to tra la veri­tà e la men­zo­gna. È la ten­ta­zio­ne più gran­de del nostro tem­po! Siamo tut­ti col­pe­vo­li di acco­mo­da­men­ti, di com­pli­ci­tà con que­sta gran­de men­zo­gna che è l’ateismo flui­do! Fingiamo di esse­re cri­stia­ni cre­den­ti e uomi­ni di fede, cele­bria­mo riti reli­gio­si, ma in real­tà vivia­mo da paga­ni e non cre­den­ti. Non illu­de­te­vi, non si com­bat­te con que­sto nemi­co, che fini­sce sem­pre per por­tar­vi via. L’ateismo flui­do è sfug­gen­te e visci­do. Se lo attac­ca­te, vi intrap­po­le­rà nei suoi sot­ti­li com­pro­mes­si. È come la tela di un ragno, più vi agi­ta­te con­tro di essa, e più si chiu­de attor­no a voi. L’ateismo flui­do è l’ul­ti­ma trap­po­la del Tentatore, di Satana.

Egli vi atti­ra sul suo stes­so ter­re­no. Se lo segui­te, sare­te por­ta­ti a uti­liz­za­re le sue armi: la men­zo­gna, la dis­si­mu­la­zio­ne e il com­pro­mes­so. Fomenta attor­no a sé la con­fu­sio­ne, la divi­sio­ne, il risen­ti­men­to, l’amarezza e la fazio­si­tà. Guardate in che sta­to è la Chiesa! Ovunque non c’è che dis­si­dio e sospet­to. L’ateismo flui­do vive e si nutre di tut­te le nostre pic­co­le debo­lez­ze, di tut­te le nostre capi­to­la­zio­ni e com­pro­mis­sio­ni con la sua men­zo­gna. […]

Con tut­to il mio cuo­re di pasto­re, voglio invi­tar­vi oggi a pren­de­re que­sta deci­sio­ne. Non dob­bia­mo crea­re par­ti­ti nel­la Chiesa. Non dob­bia­mo pro­cla­mar­ci i sal­va­to­ri di que­sta o quel­la isti­tu­zio­ne. Tutto ciò con­tri­bui­reb­be al gio­co del­l’av­ver­sa­rio. Ma cia­scu­no di noi può oggi deci­de­re: la men­zo­gna dell’ateismo non tro­ve­rà più spa­zio in me. Non voglio più rinun­cia­re alla luce del­la fede, non voglio più, per como­di­tà, pigri­zia o con­for­mi­smo, far coa­bi­ta­re in me la luce e le tene­bre. È una deci­sio­ne mol­to sem­pli­ce, al tem­po stes­so inte­rio­re e con­cre­ta. Essa cam­bie­rà le nostre vite. Non si trat­ta di anda­re in guer­ra. Non si trat­ta di denun­cia­re dei nemi­ci. Quando non si può cam­bia­re il mon­do, si può cam­bia­re noi stes­si. Se cia­scu­no umil­men­te lo deci­des­se, il siste­ma del­la men­zo­gna crol­le­reb­be da solo, per­ché la sua uni­ca for­za è il posto che gli fac­cia­mo den­tro di noi. […]

Cari fra­tel­li vesco­vi, offren­do­ci la fede Dio apre la sua mano affin­ché noi met­tia­mo lì la nostra e ci lascia­mo con­dur­re da Lui. Di che cosa avre­mo pau­ra? L’essenziale è tene­re fer­ma­men­te la nostra mano nel­la sua! La nostra fede è que­sto lega­me pro­fon­do con Dio stes­so. “Io so in chi ho posto la mia fede”, dice san Paolo (2 Tm 1,12). Di fron­te all’ateismo flui­do, la fede acqui­sta un’importanza essen­zia­le. È allo stes­so tem­po il teso­ro che voglia­mo difen­de­re e la for­za che ci per­met­te di difen­der­ci.

Conservare lo spi­ri­to di fede è rinun­cia­re a ogni com­pro­mes­so, è rifiu­ta­re di vede­re le cose in altro modo che attra­ver­so la fede. Significa tene­re la nostra mano nel­la mano di Dio. Credo pro­fon­da­men­te che que­sta sia l’u­ni­ca fon­te pos­si­bi­le di pace e dol­cez­za. Tenere la nostra mano in quel­la di Dio è la garan­zia di una vera bene­vo­len­za sen­za com­pli­ci­tà, di una vera dol­cez­za sen­za codar­dia, di una vera for­za sen­za vio­len­za.

Voglio anche sot­to­li­nea­re come la fede è fon­te di gio­ia. Come non esse­re nel­la gio­ia quan­do ci sia­mo affi­da­ti a Colui che è la fon­te del­la gio­ia? Un’attitudine di fede è esi­gen­te, ma non è rigi­da e tesa. Cerchiamo di esse­re feli­ci men­tre a Lui ten­dia­mo la mano. La fede gene­ra for­za e gio­ia insie­me. “Il Signore è mia for­tez­za, di chi avrò pau­ra?” (Sal 27,1). La Chiesa sta moren­do, infe­sta­ta dal­l’a­ma­rez­za e dal­lo spi­ri­to di par­te, e solo lo spi­ri­to di fede può fon­da­re un’autentica bene­vo­len­za fra­ter­na. Il mon­do sta moren­do, divo­ra­to dal­la men­zo­gna e dal­la riva­li­tà, e solo lo spi­ri­to di fede può por­tar­gli la pace.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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