Non è una stagione pacifica, questa, per i rapporti tra musulmani, cristiani ed ebrei. Eppure proprio ora si è accesa una luce nel buio.
La luce ha il nome arabo di “Jusur”, che significa “ponti” ma evoca anche il “coraggio del cuore”. E in campo musulmano è davvero un atto coraggioso creare oggi una rivista internazionale con questa testata, esplicitamente finalizzata al dialogo tra le culture e le fedi, principalmente tra ebraismo, cristianesimo e islam, le tre religioni che hanno Abramo come patriarca.
A promuoverla è la Lega Musulmana Mondiale con sede alla Mecca, il cui segretario generale è dal 2016 Muhammad bin Abdul Karim al-Issa, l’uomo chiave del nuovo corso di apertura dell’islam saudita.
L’8 luglio del 2022, nel giorno di ‘Arafa, momento culminante del pellegrinaggio alla Mecca di quell’anno, fu al-Issa a tenere il sermone della montagna (vedi foto), sollevando un’ondata di contestazioni dalla galassia islamista, a lui ostile anche perché due anni prima egli aveva guidato una visita al campo di concentramento di Auschwitz, nel 75.mo anniversario della sconfitta degli autori della Shoah.
E quel sermone è stato ripubblicato sul numero inaugurale di “Jusur”. Di cui al-Issa firma ogni volta l’editoriale, il primo dei quali l’ha dedicato a tratteggiare in termini altamente positivi la figura del cardinale Jean-Louis Tauran (1943–2018), a lungo presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e da lui incontrato ufficialmente in Vaticano il 21 settembre 2017, concordando entrambi che “religione e violenza sono incompatibili”; che “le religioni hanno risorse morali capaci di contribuire alla fraternità e alla pace”; che “il fenomeno del fondamentalismo, in particolare quello violento, è preoccupante e necessita di uno sforzo congiunto per contrastarlo”; e che “esistono situazioni dove la libertà di coscienza e quella di religione non sono rispettate e tutelate, onde l’urgenza di rimediarvi”. Un programma molto simile a quello che si prefigge la nuova rivista.
“Jusur” è pubblicata in inglese e la sua lettura on line – attraente anche per la magnifica impaginazione grafica – è aperta gratuitamente a tutti. Ma il numero zero è leggibile anche in lingua italiana, perché è a Milano che ha sede la direzione effettiva della rivista, affidata a Wael Farouq, egiziano, musulmano, professore di lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano oltre che all’American University del Cairo e in altre università del mondo.
Di Farouq è emblematica una dichiarazione dell’aprile 2017 alla vigilia del viaggio di papa Francesco in Egitto, nella quale sosteneva che “la classe intellettuale musulmana deve trovare la sua strada per uscire dalla crisi in cui si trova. Ed è una crisi dell’uso della ragione, come giustamente indicava papa Ratzinger a Ratisbona”.
Collaborano con lui nel montaggio della rivista altre tre docenti dell’Università Cattolica, un paio di studiosi arabi e due giornalisti e scrittori dell’area di Comunione e Liberazione: Davide Perillo, già direttore del mensile del movimento “Tracce”, e Alessandro Banfi, già direttore del settimanale “Il Sabato” e oggi direttore editoriale della Fondazione “Oasis”, sulla cui omonima rivista è uscito nel luglio del 2022 un dettagliato ritratto di al-Issa, poco dopo il suo discorso alla Mecca e poco prima della sua partecipazione all’annuale meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, in un dialogo a due, presieduto da Wael Farouq, con il pensatore francese agnostico Olivier Roy, rinomato studioso dell’islam e docente all’European University Institute di Firenze.
Olivier Roy è una firma ricorrente della rivista “Jusur”. Assieme – per fare solo qualche nome – a quella del giurista americano Joseph Halevi Horowitz Weiler, primo studioso di religione ebraica a ricevere il premio Ratzinger nel 2022: del filosofo canadese Charles Taylor, autore di studi capitali sul pensiero secolare contemporaneo; del vescovo egiziano Anba Ermia, fondatore e presidente al Cairo del Centro culturale della Chiesa copta ortodossa; dell’economista italiana Antonella Sciarrone Alibrandi, già prorettore dell’Università Cattolica di Milano e oggi sottosegretaria del dicastero vaticano per la cultura.
Ma non solo le firme di “Jusur” sono di alto livello. Lo sono anche gli argomenti trattati. Sul numero inaugurale spicca una dotta analisi delle posizioni di Edward Said (1935–2003), palestinese nato a Gerusalemme da una famiglia cristiana protestante, agnostico, ma che in una memorabile intervista del 18 agosto 2000 al quotidiano israeliano “Haaretz” si definì: “L’ultimo pensatore ebreo, l’unico vero seguace di Adorno. Mettiamola così: sono un palestinese-ebreo”.
In effetti ebbero una grande influenza su di lui eminenti intellettuali ebrei, dal filosofo Theodor Adorno al critico letterario Erich Auerbech. Ed era ebreo anche il suo maggiore avversario culturale, lo studioso dell’islamismo Bernard Lewis (1916–2018), critico radicale del libro più famoso e controverso di Said, “Orientalisme”, pubblicato a Parigi nel 1973. Su tutto questo scrive un articolo magistrale su “Jusur” il critico letterario siriano, emigrato in Francia, Subhi Hadidi.
L’ultimo numero della rivista ha un ampio dossier sul tema “Il volto, identità e differenza”, aperto da interventi di Olivier Roy e Joseph H.H. Weiler. E ospita un’intervista all’arcivescovo emerito di Canterbury Rowan Williams, già primate della Chiesa anglicana.
Ma vi si legge anche la toccante narrazione, a firma di Davide Perillo, di un martirio di questi tempi, “un testamento per la fraternità tra le fedi”, con protagonista Mohammed al-Asali, musulmano, professore di diritto nella facoltà di pedagogia di Mosul, in Iraq, che nel 2014 sacrificò la sua vita in difesa di una cristiana sua vicina di casa, aggredita dagli islamisti fanatici dell’ISIS, impadronitisi della regione.
Del professor al-Asali, i suoi studenti ricordano queste parole a fronte dello Stato Islamico: “Questo non è il mio islam, questo non è l’islam che io voglio. Questo non è il vero islam per musulmani autenticamente liberi”.
In campo politico gli “accordi di Abramo” tra Israele e i paesi arabi hanno subito una drammatica battuta d’arresto con l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la successiva guerra di Gaza.
Ma in campo culturale e religioso il cammino non è interrotto, anche qui con l’Arabia Saudita come attore chiave. E “Jusur” ne è testimone.
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Il link a “Jusur”, con la possibilità di sfogliare agevolmente ciascun numero della rivista:
Almutawassit Books ne è l’editore, con sua icona un Don Chisciotte in bici e la scritta in arabo: “Insieme combattiamo i mulini a vento”.
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Sandro Magister è firma storica del settimanale L’Espresso.
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