Quei pareri dei vescovi sul rito antico che Francesco proibì di pubblicare. Perché andavano contro la sua volontà

Ai pri­mi di luglio, per vie diver­se ma qua­si in con­tem­po­ra­nea, due esper­ti vati­ca­ni­sti, la sta­tu­ni­ten­se Diane Montagna e l’italiano Saverio Gaeta, han­no reso per la pri­ma vol­ta pub­bli­ci i prin­ci­pa­li risul­ta­ti di una con­sul­ta­zio­ne ordi­na­ta da papa Francesco nel 2020 nel­le dio­ce­si di tut­to il mon­do, sul­la cele­bra­zio­ne del­la mes­sa in rito anti­co.

Montagna l’ha fat­to in un docu­men­ta­to arti­co­lo su Substack del 1 luglio. E Gaeta in un libro scrit­to con il litur­gi­sta Nicola Bux ed edi­to da Fede & Cultura, che usci­rà in Italia a fine luglio ma può esse­re da subi­to acqui­sta­to e let­to in for­ma­to Kindle nel sito di Amazon.

La cele­bra­zio­ne del­la mes­sa in rito anti­co era sta­ta auto­riz­za­ta nel 2007 da Benedetto XVI con il motu pro­prio “Summorum Pontificum”, con la fina­li­tà dichia­ra­ta che “le due for­me dell’uso del rito roma­no”, ossia l’antica e la nuo­va, “avreb­be­ro potu­to arric­chir­si a vicen­da”.

Ma Francesco non face­va miste­ro di voler abro­ga­re tale auto­riz­za­zio­ne. Per lui la cele­bra­zio­ne del­la mes­sa in rito anti­co era sol­tan­to fomi­te di divi­sio­ne e coin­ci­de­va con “un rifiu­to cre­scen­te non solo del­la rifor­ma litur­gi­ca, ma del Concilio Vaticano II”. Il 16 luglio 2021, col motu pro­prio “Traditionis custo­des”, resti­tuì al nuo­vo mes­sa­le post­con­ci­lia­re la qua­li­fi­ca di “uni­ca espres­sio­ne del­la ‘lex oran­di’ del rito roma­no”, lascian­do al rito anti­co solo mini­mi spa­zi resi­dua­li.

La pre­via con­sul­ta­zio­ne dei vesco­vi Francesco la vol­le pro­prio per ave­re anche da loro la richie­sta cora­le di que­sta inver­sio­ne di rot­ta. Richiesta che a suo dire effet­ti­va­men­te sareb­be arri­va­ta, stan­do a quan­to scrit­to dal­lo stes­so Francesco nel­la let­te­ra ai vesco­vi con cui ha accom­pa­gna­to il motu pro­prio “Traditionis custo­des”:

“Le rispo­ste per­ve­nu­te han­no rive­la­to una situa­zio­ne che mi addo­lo­ra e mi pre­oc­cu­pa, con­fer­man­do­mi nel­la neces­si­tà di inter­ve­ni­re. […] Rispondendo alle vostre richie­ste, pren­do quin­di la fer­ma deci­sio­ne di abro­ga­re tut­te le nor­me, le istru­zio­ni, le con­ces­sio­ni e le con­sue­tu­di­ni pre­ce­den­ti al pre­sen­te motu pro­prio”.

Curiosamente, però, Francesco proi­bì che i risul­ta­ti del­la con­sul­ta­zio­ne fos­se­ro resi pub­blici. E il moti­vo di que­sto suo rifiu­to è pro­prio quel­lo che han­no mes­so a nudo gli “scoop” di que­sti gior­ni.

Il moti­vo è che se Francesco li aves­se resi pub­bli­ci non avreb­be più potu­to scri­ve­re che anche i vesco­vi era­no d’accordo con lui. Ma avreb­be dovu­to dire l’opposto.

Ma c’è di più. A ingi­gan­ti­re la gra­vi­tà del­la “fake news” c’è il fat­to che a effet­tua­re la con­sul­ta­zio­ne e a redi­ger­ne i risul­ta­ti è sta­ta l’allora con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede pre­sie­du­ta dal car­di­na­le Luis Ladaria, e che il rap­por­to fina­le con­tie­ne anche un “Giudizio com­ples­si­vo” ela­bo­ra­to dal­la quar­ta sezio­ne del­la con­gre­ga­zio­ne, cioè da quel­la che in pre­ce­den­za era la pon­ti­fi­cia com­mis­sio­ne “Ecclesia Dei” depu­ta­ta pro­prio a vigi­la­re sul­le cele­bra­zio­ni in rito anti­co.

Il testo di que­sto “Giudizio com­ples­si­vo” – dif­fu­so da Diane Montagna nell’originale ita­lia­no e in tra­du­zio­ne ingle­se e ampia­men­te cita­to nel libro di Saverio Gaeta e Nicola Bux – è ripro­dot­to inte­gral­men­te più sot­to e mostra in pie­no l’incompatibilità tra il giu­di­zio espres­so dai vesco­vi e con­di­vi­so dal­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede, com­ples­si­va­men­te mol­to posi­ti­vo sugli effet­ti di “Summorum Pontificum”, e le deci­sio­ni di segno oppo­sto adot­ta­te da papa Francesco con “Traditionis custo­des”.

Ma va det­to che il “Giudizio com­ples­si­vo” è solo una com­po­nen­te del volu­mi­no­so rap­por­to con­se­gna­to a papa Francesco nel feb­bra­io del 2021 e da lui fat­to spa­ri­re.

Nelle sue 224 pagi­ne, in una pri­ma par­te il rap­por­to for­ni­sce le nove doman­de del que­stio­na­rio con le rispo­ste dei vesco­vi ordi­na­te con­ti­nen­te per con­ti­nen­te e pae­se per pae­se, men­tre in una secon­da par­te ne offre una sin­te­si gene­ra­le, a cui seguo­no il cita­to “Giudizio com­ples­si­vo” e infi­ne un “Florilegio di cita­zio­ni” trat­te dal­le rispo­ste, cia­scu­na con l’indicazione del­la dio­ce­si da cui pro­vie­ne.

Le rispo­ste sono arri­va­te da cir­ca un ter­zo del­le oltre 3mila dio­ce­si inter­pel­la­te, ossia in pra­ti­ca da quel­le in cui il rito anti­co era effet­ti­va­men­te cele­bra­to, con deci­sa­men­te in testa l’America set­ten­trio­na­le e l’Europa e in coda l’Africa e l’America meri­dio­na­le.

In Europa è la Francia il pae­se dove la mes­sa in rito anti­co è cele­bra­ta in qua­si tut­te le dio­ce­si, con giu­di­zi per lo più favo­re­vo­li espres­si dai rispet­ti­vi vesco­vi. Mentre in Italia sono poco più del­la metà le dio­ce­si dove si ten­go­no tali cele­bra­zio­ni, con non pochi erro­ri nell’applicazione del “Summorum Pontificum” stig­ma­tiz­za­ti dai cura­to­ri del­la con­sul­ta­zio­ne.

Nell’America set­ten­trio­na­le sono gli Stati Uniti i più coin­vol­ti, in cir­ca due dio­ce­si su tre, con giu­di­zi anche qui per lo più posi­ti­vi. Mentre in Asia e in Africa sono pochis­si­me le dio­ce­si dove si cele­bra in rito anti­co, ma con l’auspicio espres­so da alcu­ni vesco­vi che in futu­ro lo si fac­cia di più, “per far per­ce­pi­re la ric­chez­za del­la tra­di­zio­ne del­la Chiesa”.

Quanto all’America meri­dio­na­le, anch’essa con poche dio­ce­si coin­vol­te, fan­no spic­co le rispo­ste venu­te dal Brasile, mol­to cri­ti­che dei fede­li e dei sacer­do­ti che cele­bra­no in rito anti­co e “non apprez­za­no né il Vaticano II né papa Francesco”.

Nel libro di Gaeta e Bux è dato ampio spa­zio a que­sta ras­se­gna del­le rispo­ste rac­col­te dal­le varie aree geo­gra­fi­che.

Ma tor­nan­do alla valu­ta­zio­ne com­ples­si­va for­mu­la­ta dal­la sezio­ne del­la con­gre­ga­zio­ne per la dot­tri­na del­la fede inca­ri­ca­ta del­la con­sul­ta­zio­ne, ecco­ne qui di segui­to il testo inte­gra­le, deci­sa­men­te agli anti­po­di di quan­to poi deci­so da papa Francesco.

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GIUDIZIO COMPLESSIVO

[Dal rap­por­to fina­le ine­di­to dell’inchiesta tra i vesco­vi sul­le cele­bra­zio­ni in rito anti­co, 2020–2021]

Dall’importante mole di docu­men­ti invia­ti e trat­ta­ti si evin­ce che il motu pro­prio “Summorum Pontificum” svol­ge oggi un ruo­lo signi­fi­ca­ti­vo, sep­pur rela­ti­va­men­te esi­guo, nel­la vita del­la Chiesa. Concepito da Papa Benedetto XVI dopo anni di scon­tri tal­vol­ta aspri tra i soste­ni­to­ri del­la litur­gia rifor­ma­ta del 1970 e quel­li del “Missale Romanum” nel­la sua ver­sio­ne del 1962, il MP “Summorum Pontificum” ha sapu­to affer­ma­re l’uguale digni­tà del­le due for­me del mede­si­mo rito roma­no, crean­do le con­di­zio­ni favo­re­vo­li ad una vera pace litur­gi­ca, in vista anche di una even­tua­le uni­tà del­le due for­me nel futu­ro.

L’arricchimento reci­pro­co e l’aggiornamento del “Missale Romanum” ed. 1962, auspi­ca­to dal mede­si­mo Papa (cf. Lettera del 7 luglio 2007) si sono rea­liz­za­ti anche con la pub­bli­ca­zio­ne del­la istru­zio­ne appli­ca­ti­va del sud­det­to motu pro­prio: “Universae Ecclesiae” del 30 apri­le 2011, e dei due decre­ti con­fer­ma­ti da Papa Francesco il 5 dicem­bre 2019, dopo il pare­re favo­re­vo­le una­ni­me dei Padri Membri del­la Congregazione per la Dottrina del­la Fede (decre­to “Quo Magis”, cir­ca l’aggiunta di set­te nuo­vi pre­fa­zi, e decre­to “Cum Sanctissima”, cir­ca l’inserimento di nuo­vi san­ti).

La dif­fu­sio­ne del rito roma­no anti­co dopo il MP “Summorum Pontificum” si atte­sta intor­no al 20% cir­ca del­le dio­ce­si lati­ne nel mon­do, e la sua appli­ca­zio­ne oggi è cer­ta­men­te più sere­na e paci­fi­ca­ta, anche se non dap­per­tut­to; riman­go­no casi resi­dui anco­ra non risol­ti. Purtroppo, in talu­ne dio­ce­si, non è sta­ta con­si­de­ra­ta la “Forma extraor­di­na­ria” come una ric­chez­za per la vita del­la Chiesa, ma come un ele­men­to inap­pro­pria­to, distur­ban­te, inu­ti­le per la vita pasto­ra­le ordi­na­ria e anche “peri­co­lo­so” da non sod­di­sfa­re, o da sop­pri­me­re o alme­no da con­trol­la­re stret­ta­men­te così che non si dif­fon­da, nell’attesa del­la sua even­tua­le spa­ri­zio­ne o abro­ga­zio­ne.

La mag­gio­ran­za dei Vescovi coin­vol­ti dal que­stio­na­rio, che han­no gene­ro­sa­men­te e intel­li­gen­te­men­te appli­ca­to il MP “Summorum Pontificum”, si dischia­ra alle fine sod­di­sfat­to di esso, in par­ti­co­la­re colo­ro che han­no avu­to anche la pos­si­bi­li­tà di for­ma­re una par­roc­chia per­so­na­le, nel­la qua­le tut­ti i Sacramenti ven­go­no ammi­ni­stra­ti nel­la “Forma extraor­di­na­ria” e dove si for­ma una comu­ni­tà sta­bi­le cele­bra­ti­va e di atti­vi­tà pasto­ra­le. Nei luo­ghi dove il cle­ro ha col­la­bo­ra­to stret­ta­men­te con il Vescovo la situa­zio­ne è sta­ta total­men­te paci­fi­ca­ta.

Una costan­te, che i Vescovi fan­no nota­re, è quel­la secon­do cui sono i gio­va­ni a sco­pri­re e a sce­glie­re que­sta litur­gia anti­ca. La mag­gior par­te dei grup­pi sta­bi­li pre­sen­ti nell’orbe cat­to­li­co è com­po­sta di gio­va­ni e di gio­va­ni con­ver­ti­ti alle fede cat­to­li­ca o che vi ritor­na­no dopo un tem­po di lon­ta­nan­za dal­la Chiesa e dai sacra­men­ti. Essi sono ammi­ra­ti del­la sacra­li­tà, serie­tà, solen­ni­tà del­la litur­gia. Quello che più nota­no, anche a cau­sa di una socie­tà ecces­si­va­men­te rumo­ro­sa e paro­la­ia, è la risco­per­ta del silen­zio nel­la azio­ne sacra, le paro­le con­te­nu­te ed essen­zia­li, una pre­di­ca­zio­ne fede­le alla dot­tri­na del­la Chiesa, la bel­lez­za del can­to litur­gi­co, la digni­tà cele­bra­ti­va: un tutt’uno che attrae non poco. È pro­prio Benedetto XVI che scri­ve nel­la let­te­ra ai Vescovi che accom­pa­gna il MP “Summorum Pontificum”, che que­sta suc­ci­ta­ta cate­go­ria di per­so­ne sono i desti­na­ta­ri pri­vi­le­gia­ti del suo prov­ve­di­men­to legi­sla­ti­vo, oltre, chia­ra­men­te, tut­ti colo­ro che da decen­ni chie­de­va­no la libe­ra­liz­za­zio­ne e la legit­ti­ma­zio­ne nel­la pras­si litur­gi­co pasto­ra­le del­la vene­ra­bi­le litur­gia latino-gregoriana.

La nasci­ta dei grup­pi sta­bi­li, come pre­vi­sto dal MP “Summorum Pontificum” e dall’Istruzione “Universae Ecclesiae,” ha per­mes­so alla Santa Sede di segui­re il cam­mi­no di paci­fi­ca­zio­ne e di eccle­sia­li­tà di code­ste per­so­ne, pri­ma attra­ver­so la Pontifica Commissione “Ecclesia Dei” e ades­so con la “Sectio Quarta” del­la CDF, e per que­sto i Vescovi mani­fe­sta­no com­pia­ci­men­to e gra­ti­tu­di­ne. È neces­sa­rio ave­re una real­tà isti­tu­zio­na­le e un inter­lo­cu­to­re com­pe­ten­te che segue il cam­mi­no di que­sti grup­pi e degli isti­tu­ti cle­ri­ca­li da essa dipen­den­ti, e sia di ausi­lio al mini­ste­ro dei Vescovi, al fine di evi­ta­re for­me arbi­tra­rie di auto­ge­stio­ne e di anar­chia dei grup­pi e anche l’abuso di pote­re di alcu­ni Vescovi loca­li. La Santa Sede e il lega­me col Papa sono una garan­zia per tut­ti, fede­li e pasto­ri. Favorire la comu­nio­ne eccle­sia­le tra il Vescovo dio­ce­sa­no e i com­po­nen­ti dei grup­pi sta­bi­li o degli isti­tu­ti e di que­sti con il Papa, è fon­da­men­ta­le per un cam­mi­no sere­no e apo­sto­li­ca­men­te frut­tuo­so. Questi fede­li desi­de­ra­no esse­re con­si­de­ra­ti alla stre­gua degli altri fede­li che seguo­no la litur­gia nel­la “Forma ordi­na­ria” e di cui i pasto­ri si pren­da­no cura pasto­ra­le sen­za pre­giu­di­zi.

Dopo una pri­ma fase com­ples­sa, e con talu­ne situa­zio­ni anco­ra in sospe­so, gra­zie al MP “Summorum Pontificum” que­sti grup­pi di fede­li e gli stes­si Vescovi e sacer­do­ti, han­no tro­va­to la loro sta­bi­li­tà e sere­ni­tà aven­do nel­la già PCED oggi nel­la “Sectio Quarta” un pun­to di rife­ri­men­to sere­no e sta­bi­le, non­ché auto­re­vo­le, a garan­zia dei loro dirit­ti e anche dei loro dove­ri. Tant’è che alcu­ni Vescovi fan­no nota­re che è neces­sa­rio tute­la­re i grup­pi sta­bi­li per evi­ta­re fuo­riu­sci­te dal­la Chiesa ver­so real­tà sci­sma­ti­che o ver­so la FSSPX. In tut­ti i luo­ghi dove i grup­pi sta­bi­li sono segui­ti e accom­pa­gna­ti dal Vescovo dio­ce­sa­no o da un suo sacer­do­te dele­ga­to, non ci sono qua­si più pro­ble­mi e i fede­li sono feli­ci di esse­re segui­ti, rispet­ta­ti e trat­ta­ti come figli dal loro padre Vescovo.

Nel MP “Summorum Pontificum” e nel­la let­te­ra di accom­pa­gna­men­to allo stes­so, si par­la del­la volon­tà del Papa di ado­pe­rar­si per una ricon­ci­lia­zio­ne litur­gi­ca inter­na nel­la Chiesa. Alla luce del discor­so alla Curia Romana del 22 dicem­bre del 2005, Benedetto XVI, anche in ordi­ne alla sacra litur­gia, veden­do neces­sa­rio pro­ce­de­re non nell’ordine dell’ermeneutica del­la rot­tu­ra ma del rin­no­va­men­to nel­la con­ti­nui­tà con la tra­di­zio­ne, scri­ve: “Ciò che per le gene­ra­zio­ni ante­rio­ri era sacro, anche per noi resta sacro e gran­de, e non può esse­re del tut­to proi­bi­to, addi­rit­tu­ra, giu­di­ca­to dan­no­so. Ci fa bene a tut­ti con­ser­va­re le ric­chez­ze che sono cre­sciu­te nel­la fede e nel­la pre­ghie­ra del­la Chiesa, e dar loro il giu­sto posto” (Benedetto XVI, Lettera di Accompagnamento al MP “Summorum Pontificum”). Questa dimen­sio­ne eccle­sio­lo­gi­ca dell’ermeneutica del­la con­ti­nui­tà con la tra­di­zio­ne e con un coe­ren­te rin­no­va­men­to e svi­lup­po, non è anco­ra ben rece­pi­ta da alcu­ni Vescovi, ma dove è sta­ta già rece­pi­ta e appli­ca­ta sta por­tan­do frut­ti; i più visi­bi­li sono nel­la litur­gia. Altri Vescovi fan­no nota­re infat­ti il bene appor­ta­to dal MP “Summorum Pontificum” anche per la “Forma ordi­na­ria” del­la litur­gia e per un recu­pe­ro di sacra­li­tà nel­la azio­ne litur­gi­ca e per un pro­ces­so di ricon­ci­lia­zio­ne intra eccle­sia­le.

Alcuni Vescovi affer­ma­no che il MP “Summorum Pontificum” avreb­be fal­li­to nel suo inten­to di ricon­ci­lia­zio­ne e dun­que ne chie­de­reb­be­ro la sop­pres­sio­ne, sia per­ché la ricon­ci­lia­zio­ne inter­na alla Chiesa non è com­ple­ta­men­te avve­nu­ta, sia per­ché la Fraternità Sacerdotale San Pio X non è rien­tra­ta nel­la Chiesa. Dall’analisi gene­ra­le e par­ti­co­la­re di det­te rispo­ste si com­pren­de che l’occasione di que­sta inda­gi­ne ha per­mes­so a talu­ni Vescovi di leg­ge­re e ini­zia­re a cono­sce­re meglio il docu­men­to in ogget­to dell’inchiesta. Alla pri­ma obie­zio­ne si fa nota­re che que­sti pro­ces­si di ricon­ci­lia­zio­ne sono lun­ghi e len­ti nel­la Chiesa; il MP “Summorum Pontificum” ha mes­so le basi per que­sta ricon­ci­lia­zio­ne. Circa la secon­da obie­zio­ne va ricor­da­to che il MP “Summorum Pontificum” non è sta­to fat­to per la FSSPX, essi ave­va­no già quel­lo che è sta­to con­ces­so col MP “Summorum Pontificum” e dun­que non ne ave­va­no biso­gno. (1)

Piuttosto il MP “Summorum Pontificum” si col­le­ga in uni­tà e com­ple­ta­men­to, qua­le svi­lup­po orga­ni­co e coe­ren­te, del Motu Proprio “Ecclesia Dei Adflicta” di Giovanni Paolo II, con il qua­le il Papa polac­co ha volu­to sal­va­re tan­ti cat­to­li­ci, smar­ri­ti e con­fu­si, a rischio sci­sma, dopo le ordi­na­zio­ni epi­sco­pa­li di Mons. Lefebvre. Benedetto XVI affer­ma inol­tre che il MP “Summorum Pontificum” nasce come stru­men­to per la neces­si­tà di una ricon­ci­lia­zio­ne del­la Chiesa con se stes­sa (Op. cit.) e per que­ste ragio­ni pro­mul­gò anche il Motu Proprio “Ecclesiae Unitatem”, inse­ren­do la Pontificia Commissione Ecclesia Dei nel­la Congregazione per la Dottrina del­la Fede. Questo cam­mi­no si è feli­ce­men­te con­clu­so col Motu Proprio di Francesco del gen­na­io 2019, dove nel sop­pri­me­re la Pontificia Commissione Ecclesia Dei e costi­tuen­do una sezio­ne spe­ci­fi­ca nel­la CDF, affer­man­do che le real­tà in que­stio­ne han­no tro­va­to oggi una pro­pria sta­bi­li­tà di nume­ro e di vita, il Papa indi­riz­za que­sti grup­pi e real­tà eccle­sia­li ver­so una dimen­sio­ne ordi­na­ria e rego­la­re del­la vita eccle­sia­le. Alla nuo­va sezio­ne del­la CDF Papa Francesco col suo Motu Proprio, affi­da il com­pi­to di “con­ti­nua­re l’opera di vigi­lan­za, di pro­mo­zio­ne e di tute­la fin qui con­dot­ta dal­la sop­pres­sa PCED”.

I Vescovi più sen­si­bi­li all’argomento fan­no nota­re che la litur­gia anti­ca è un teso­ro per la Chiesa da sal­va­guar­da­re e custo­di­re: è un bene tro­va­re uni­tà col pas­sa­to, ma anche saper anda­re avan­ti in un cam­mi­no di svi­lup­po coe­ren­te e di pro­gres­so e di veni­re incon­tro, nel­la misu­ra del pos­si­bi­le, a code­sti fede­li. Nella misu­ra in cui si crea una paci­fi­ca­zio­ne a livel­lo dio­ce­sa­no, non si cor­re il rischio del­le due chie­se, come temo­no alcu­ni pre­su­li, i qua­li a loro vol­ta fan­no nota­re che ciò che distin­gue alcu­ni grup­pi di fede­li del­la “Forma extraor­di­na­ria” è il rifiu­to del Concilio Vaticano II. Questo in par­te è vero ma non lo si può gene­ra­liz­za­re. Anche per que­sti casi si nota che la cura pasto­ra­le del Vescovo è sta­ta deter­mi­nan­te per cal­ma­re gli ani­mi esa­gi­ta­ti e per chia­ri­re le idee di talu­ni mem­bri dei grup­pi sta­bi­li.

I Vescovi fan­no nota­re inol­tre la cre­sci­ta del­le voca­zio­ni negli isti­tu­ti ex “Ecclesia Dei”. Soprattutto nell’area anglo­fo­na e fran­co­fo­na, ma anche di lin­gua spa­gno­la e por­to­ghe­se. Molti gio­va­ni scel­go­no di anda­re negli isti­tu­ti “Ecclesia Dei” per la loro for­ma­zio­ne sacer­do­ta­le o reli­gio­sa, rispet­to piut­to­sto che anda­re in dio­ce­si, con mani­fe­sto dispia­ce­re di talu­ni Vescovi… Infatti in que­sti anni la IV Sezione ha regi­stra­to un con­si­de­re­vo­le incre­men­to del­le voca­zio­ni negli isti­tu­ti ad essa sog­get­ti, oltre ad un impe­gno mag­gio­re degli stes­si per la for­ma­zio­ne spi­ri­tua­le e intel­let­tua­le dei can­di­da­ti alla vita sacer­do­ta­le e reli­gio­sa, chia­ra­men­te nel­le dovu­te pro­por­zio­ni, trat­tan­do­si di real­tà comun­que mino­ri ma non mino­ri­ta­rie rispet­to al resto del­la Chiesa.

I Vescovi del­le aree ispa­no­fo­ne, in gene­ra­le, sem­bra­no non mani­fe­sta­re mol­to inte­res­se al MP “Summorum Pontificum” – anche se non man­ca­no i fede­li che richie­do­no la litur­gia anti­ca nel loro ter­ri­to­rio. Anche dal­le rispo­ste dei Vescovi ita­lia­ni, in gene­ra­le, pare essi non abbia­no in gran­de con­si­de­ra­zio­ne la “Forma extraor­di­na­ria” e i prov­ve­di­men­ti pre­si al riguar­do, tran­ne alcu­ne ecce­zio­ne. I fede­li inve­ce, sono mol­to gra­ti a Benedetto XVI e a Papa Francesco per­ché gra­zie al MP “Summorum Pontificum” sono usci­ti da una vita eccle­sia­le di clan­de­sti­ni­tà, di rifiu­to e di deri­sio­ne e dall’abuso di pote­re di talu­ni Vescovi, eser­ci­ta­to anche sui loro sacer­do­ti. In quan­to alle richie­ste dei fede­li, si sono for­ma­ti in que­sti anni vari grup­pi sta­bi­li, mol­ti di que­sti si sono costi­tui­ti in asso­cia­zio­ne che richie­do­no la Santa Messa nel­la litur­gi­ca latino-gregoriana.

Alcuni Vescovi vor­reb­be­ro il ritor­no ad una situa­zio­ne da indul­to al fine di ave­re un loro mag­gio­re con­trol­lo e gestio­ne del­la situa­zio­ne. Ma la mag­gior par­te dei Vescovi che ha rispo­sto al que­stio­na­rio affer­ma che toc­ca­re il MP “Summorum Pontificum”, con cam­bia­men­ti legi­sla­ti­vi, pro­dur­reb­be più dan­ni che bene­fi­ci. Un cam­bia­men­to dan­neg­ge­reb­be gra­ve­men­te la vita del­la Chiesa, sia sop­pri­men­do o inde­bo­len­do il MP “Summorum Pontificum” per­ché ricree­reb­be le situa­zio­ni di con­trap­po­si­zio­ne da esso paci­fi­ca­te. Così si espri­me l’Arcivescovo di Milano: “Ho l’impressione che qual­sia­si inter­ven­to espli­ci­to pos­sa cau­sa­re più dan­ni che van­tag­gi: Se si con­fer­ma la linea del MP “Summorum Pontificum” tro­ve­ran­no nuo­va inten­si­tà le rea­zio­ni di per­ples­si­tà del cle­ro (e non solo). Se si nega la linea del MP “Summorum Pontificum” tro­ve­ran­no nuo­va inten­si­tà le rea­zio­ni di dis­sen­so e di risen­ti­men­to dei cul­to­ri del rito anti­co”. Dunque è bene pro­se­gui­re in que­sto cam­mi­no già intra­pre­so sen­za crea­re ulte­rio­ri scos­so­ni.

Altri pen­sa­no che con un even­tua­le cam­bia­men­to, la Santa Sede, tra l’altro, favo­ri­reb­be la fuo­riu­sci­ta di fede­li dal­la Chiesa, di fede­li delu­si, ver­so la Fraternità San Pio X o in altri grup­pi sci­sma­ti­ci e que­sto dareb­be for­za a chi sostie­ne l’idea che non si deve mai ave­re fidu­cia in “una Roma che dà da una mano e ripren­de dall’altra”. Cambiare la nor­ma­ti­va pro­vo­che­reb­be dun­que una ripre­sa del­le guer­re litur­gi­che. Potrebbe anche favo­ri­re la nasci­ta di un nuo­vo sci­sma. Inoltre dele­git­ti­me­reb­be due Pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che si era­no impe­gna­ti per non abban­do­na­re que­sti fede­li (cf. Motu Proprio “Ecclesia Dei Adflicta” del 1988; MP “Summorum Pontificum” del 2007).

Un’idea che vie­ne ogni tan­to nel­le rispo­ste, che potreb­be costi­tui­re la con­clu­sio­ne di que­sta sin­te­si, sareb­be la seguen­te: pur riaf­fer­man­do il carat­te­re indi­scu­ti­bi­le del­la rifor­ma nata dolo il Concilio Vatican II, con­ver­reb­be svi­lup­pa­re nei semi­na­ri e nel­le diver­se facol­tà eccle­sia­sti­che del­le ses­sio­ni con­cer­nen­ti lo stu­dio del­le due for­me dell’unico Rito Romano al fine di far­ne sen­ti­re la ric­chez­za immen­sa a ser­vi­zio del­la cele­bra­zio­ne dell’intero e uni­co miste­ro cri­stia­no in tut­ta la Chiesa e a crea­re situa­zio­ni paci­fi­can­ti per la cele­bra­zio­ne di que­sta litur­gia nel­le Chiese loca­li, con sacer­do­ti ido­nei alla cele­bra­zio­ne.

Concludendo, un Vescovo del­le Filippine ha affer­ma­to, nel­la rispo­sta fina­le al que­stio­na­rio: “Lasciamo la gen­te libe­ra di sce­glie­re”. E Benedetto XVI in visi­ta apo­sto­li­ca in Francia nel 2008 alla Conferenza dei Vescovi sul MP “Summorum Pontificum” ha affer­ma­to: “Misuro le dif­fi­col­tà che voi incon­tra­te, ma non dubi­to che potre­te giun­ge­re, in tem­pi ragio­ne­vo­li, a solu­zio­ni sod­di­sfa­cen­ti per tut­ti, così che la tuni­ca sen­za cuci­tu­re del Cristo non si strap­pi ulte­rior­men­te. Nessuno è di trop­po nel­la Chiesa. Ciascuno, sen­za ecce­zio­ni, in essa deve poter­si sen­ti­re “a casa sua”, e mai rifiu­ta­to. Dio, che ama tut­ti gli uomi­ni e non vuo­le che alcu­no peri­sca, ci affi­da que­sta mis­sio­ne facen­do di noi i pasto­ri del­le sue peco­re. Non pos­sia­mo che ren­der­gli gra­zie per l’onore e la fidu­cia che Egli ci riser­va. Sforziamoci per­tan­to di esse­re sem­pre ser­vi­to­ri dell’unità”. Papa Francesco ha ripre­so que­sta espres­sio­ne di Benedetto XVI facen­do­la pro­pria, riaf­fer­man­do­la con­tro ogni for­ma di divi­sio­ne ed esclu­sio­ne nel­la Chiesa. In fon­do, que­ste paro­le potreb­be­ro esse­re una linea di valu­ta­zio­ne, di giu­di­zio e di gui­da oggi per noi.

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(1) Basta dire che nei docu­men­ti in ogget­to non si par­la del­la FSSPX. Inoltre, biso­gna leg­ge­re l’interpretazione auten­ti­ca che ne da lo stes­so Legislatore nel libro inter­vi­sta sul­la sua vita rispon­den­do a Peter Seewald in “Ultime Conversazioni” a pag. 189, il qua­le dice: “è asso­lu­ta­men­te fal­so affer­ma­re” che egli abbia volu­to il MP “Summorum Pontificum” per la FSSPX.

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Sandro Magister è sta­to fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
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