A fine marzo ha fatto rumore in tutto il mondo la definizione di “Guerra Santa” data dal patriarca ortodosso di Mosca Kirill all’aggressione della Russia all’Ucraina:
“L’Operazione militare speciale è una Guerra Santa, nella quale la Russia e il suo popolo, difendendo l’unico spazio spirituale della Santa Rus’, adempiono la missione di ‘Colui che trattiene’ (‘o Katéchon’, cfr 2Tessalonicesi 2,7), proteggendo il mondo dall’assalto del globalismo e dalla vittoria dell’Occidente caduto nel satanismo”.
Pochi tuttavia sanno come Kirill giustifica la “santità” della guerra sferrata da Mosca, né come è nata la dichiarazione dal titolo “Il presente e il futuro del Mondo russo”, da lui sottoscritta per primo.
Propriamente, infatti, il documento non è stato emesso dal patriarcato di Mosca, né dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, che l’ha solo letto e approvato “ex post” il 27 marzo, ma da un’istituzione di nome “Vsemirnyj Russkij Narodnyj Sobor”, alla lettera Concilio popolare russo universale, più comunemente tradotto Concilio mondiale del popolo russo, in sigla VRNS, ideato e fondato nel maggio del 1993 da Kirill quando era metropolita di Smolensk e capo del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato di Mosca.
Divenuto lui, nel 2009, patriarca di Mosca, Kirill divenne anche presidente e guida di questa sua creatura. E lo è tuttora. Il Concilio mondiale del popolo russo è insieme un’istituzione ecclesiale e patriottica. Lo compongono un folto numero di gerarchi ortodossi, ma anche alti funzionari del Cremlino, capi militari, professori di università e centinaia di giovani patrioti di tutte le regioni della Russia. I suoi tre attuali vicepresidenti riflettono anch’essi questa composizione: sono il metropolita Gregorio della Resurrezione, primo vicario del patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Alexander Shchipkov, docente di filosofia all’Università Statale di Mosca e rettore dell’Università Ortodossa di San Giovanni il Teologo, e Sergei Rudov, membro del parlamento e in precedenza segretario operativo del Concilio.
Il tutto con Vladimir Putin come nume supremo. A fine novembre del 2023, nella penultima riunione del Concilio, quella in cui fu redatta la dichiarazione sulla “Guerra Santa” resa pubblica nella successiva assemblea di fine marzo (vedi foto), Putin ebbe un ruolo centralissimo, di parola e di immagine.
Inaugurato dal patriarca Kirill nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, il Concilio si riunì nella sala dei congressi del Cremlino, quella in cui una volta era convocato il Politburo del partito comunista dell’Unione Sovietica. Putin era atteso in persona, ma scelse di tenere il suo discorso in videocollegamento, col risultato che i presenti lo ascoltarono vedendo proiettato il suo volto al centro di due grandi icone sacre, con da un lato Gesù Salvatore “Nerukotvornyj” (“non fatto da mani d’uomo”) e dall’altro la Madre di Dio “Niecajannoj Radosti” (“della gioia improvvisa”), sopra una selva di cupole dorate. E prima del discorso presidenziale Kirill intonò l’inno al Re Celeste, “Tsarju Nebesnyj”, con Putin già risplendente tra le sacre immagini.
Tra i presenti c’era anche colui che è ritenuto il “padre spirituale” del presidente russo, il metropolita di Crimea Tikhon, la cui tesi è che “la Russia può essere soltanto imperiale”. E ancor più in vista, tra i maggiori ispiratori del Concilio, c’era l’oligarca Konstantin Malofeev, fondatore del canale televisivo “Tsargrad”, nome slavo della città imperiale di Costantinopoli.
L’ideologia alla quale il Concilio attinge non individua il popolo russo in base all’etnia, ma ai suoi “valori tradizionali”, che trascendono le frontiere, come lo stesso Putin disse di sé alcuni mesi fa in una riunione del Consiglio di sicurezza, dichiarandosi al tempo stesso “russo, daghestano, ceceno, inguscio, tataro, ebreo, mordvino, ossetino”.
Con l’invasione dell’Ucraina, l’ideologia di una russicità inclusiva di tutte le etnie che vivono su un territorio identificato come russo anche al di là dei suoi confini geografici e politici si è imposta sempre di più. E infatti, in quel suo discorso videotrasmesso, Putin ringraziò la Chiesa ortodossa per il suo sostegno alla guerra di liberazione della “Malorossija”, ossia della “Piccola Russia”, intendendo con ciò la nazione che ha per capitale Kyiv. Nei libri di preghiere distribuiti ai soldati invasori Putin è assimilato all’”Arcistratega”, ossia all’arcangelo Michele che guida le armate celesti nella guerra apocalittica contro il Maligno, identificato quest’ultimo nell’Ucraina “nazificata” e asservita all’Occidente.
Ebbene, è proprio questa ideologia che è sostenuta a chiare lettere nella dichiarazione sulla “Guerra Santa” redatta a fine novembre dal Concilio mondiale del popolo russo e pubblicata il 27 marzo, nel suo secondo capitolo intitolato “Russkij Mir”, il Mondo russo:
“La Russia è il creatore, il sostegno e il difensore del Mondo russo. I confini del Mondo russo come fenomeno spirituale e culturale-civile sono significativamente più ampi dei confini statali sia dell’attuale Federazione Russa sia della grande Russia storica. Oltre ai rappresentanti dell’’oikoumene’ russa sparsi in tutto il mondo, il Mondo russo comprende tutti coloro per i quali la tradizione russa, i santuari della civiltà russa e la grande cultura russa rappresentano il più alto valore e significato della vita.
“Il significato supremo dell’esistenza della Russia e del mondo russo da essa creato – la loro missione spirituale – è quello di essere il ‘Katéchon’ mondiale, di proteggere il mondo dal male. La missione storica consiste nel far crollare di volta in volta i tentativi di stabilire un’egemonia universale nel mondo, i tentativi di subordinare l’umanità a un unico principio malvagio.
“La costruzione della millenaria statualità russa è la più alta forma di creatività politica dei russi come nazione, mentre la divisione e l’indebolimento del popolo russo, la privazione delle sue forze spirituali e vitali, hanno sempre portato all’indebolimento e alla crisi dello Stato russo. Pertanto, il ripristino dell’unità del popolo russo e del suo potenziale spirituale e vitale sono le condizioni chiave per la sopravvivenza e il successo dello sviluppo della Russia e del mondo russo nel XXI secolo”.
Da ciò consegue in politica estera, cui è dedicato il terzo capitolo della dichiarazione, un compito che va molto al di là degli attuali confini russi:
“La Russia deve diventare uno dei centri principali di un mondo multipolare, guidando i processi di integrazione e garantendo sicurezza e sviluppo stabile in tutto lo spazio post-sovietico. In quanto centro geopolitico dell’Eurasia, situato all’intersezione degli assi globali Ovest-Est e Nord-Sud, la Russia deve regolare l’equilibrio degli interessi strategici e agire come baluardo della sicurezza e di un giusto ordine mondiale nel nuovo mondo multipolare. La riunificazione del popolo russo deve diventare uno dei compiti prioritari della politica estera russa. La Russia deve tornare alla dottrina della tri-unità del popolo russo, che esiste da più di tre secoli, secondo la quale il popolo russo è composto da Grandi Russi, Piccoli Russi e Bielorussi, che sono rami (sub-etnicità) di un unico popolo, e il concetto di ‘russo’ comprende tutti gli slavi orientali, discendenti della Russia storica”.
L’invasione dell’Ucraina va quindi giustificata come parte irrinunciabile di questa missione storica:
“Dopo il completamento dell’Operazione militare speciale, tutto il territorio dell’Ucraina contemporanea dovrà entrare in una zona di influenza esclusiva della Russia. La possibilità di esistenza su questo territorio di un regime politico ostile alla Russia e al suo popolo, così come di un regime politico governato da un centro esterno ostile alla Russia, deve essere completamente esclusa”.
Il documento si dilunga poi sulla centralità da assegnare alla famiglia, che deve essere “forte con molti figli”, per arrivare dagli attuali 144 milioni della Federazione Russa “a 600 milioni di persone entro cento anni di crescita demografica sostenibile”.
Rivendica una “riforma del sistema educativo nazionale” per “purificarlo dalle ideologie distruttive dell’Occidente” e allinearlo ai “parametri fondamentali della visione sovrana del Mondo russo”.
E infine prospetta un radicale cambiamento nella presenza della popolazione sul territorio:
“Da territorio di sedici megalopoli e di vasti spazi spopolati, entro il 2050 la Russia dovrebbe trasformarsi in un Paese uniformemente popolato e sviluppato a bassa densità di mille medie e piccole città rivitalizzate, nel ‘Paese delle città’ (‘Gardariki’, l’antico nome scandinavo della Rus’) del XXI secolo. Gli insediamenti suburbani devono diventare il tipo principale di insediamento nel Paese, l’80 per cento della popolazione russa dovrebbe vivere in case individuali sulla propria terra. La vita sulla propria terra, nella propria casa confortevole, in cui si può creare una famiglia, partorire e crescere tre o più figli, dovrebbe diventare un’incarnazione visibile delle idee del Mondo russo”.
Un’Arcadia da sogno. Ma intanto l’armata rossa mette a ferro e fuoco l’Ucraina.
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Sandro Magister è firma storica del settimanale L’Espresso.
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